In America del Sud il Covid-19 alimenta povertà, disuguaglianza sociale e disoccupazione, preoccupa la variante Lambda
L’America Latina-Caraibi è una delle aree geografiche più colpite al mondo dal Coronavirus. Fino alla fine di giugno del 2021, sono stati registrati circa 37.210.000 casi di COVID-19. Il Brasile è il Paese dove questa pandemia si è diffusa maggiormente (con circa 18,5 milioni di casi confermati), seguito dall’Argentina (con circa 4,5 milioni di contagiati) e dalla Colombia (con circa 4,2 milioni di casi). Tra i Paesi più colpiti ci sono poi: il Messico (con circa 2,5 milioni di contagiati), il Perù ed il Cile (con 2 milioni ed 1,5 milione di casi). In quanto al numero di deceduti per COVID-19, il Brasile si conferma il Paese più colpito (con circa 515.000 morti), seguito da Messico (232.610), Perù (192.000), Colombia (105.325), Argentina (93.150) e Cile (32.500).
In questo contesto, l’America del Sud risulta la regione del pianeta con il maggior numero di casi e morti per ogni milione di abitanti: oltre 75.000 (vale a dire circa 10.000 in più che l’America del Nord e l’Europa). A preoccupare è la variante andina, denominata dall’OMS “Lambda”.
Inoltre, il processo di vaccinazione segue un ritmo molto più lento rispetto al nord del pianeta, ad eccezione del Cile (con oltre il 50% della popolazione vaccinata), dove però si riporta un fenomeno straordinario di record di casi (5.200) e morti (150) in un solo giorno.
L’impatto della pandemia ha reso ancora più evidente i problemi strutturali di questa regione geografica, in particolare la fragilità dei settori della salute e dell’istruzione. Infatti, il sistema sanitario di molti Paesi latinoamericani si trova al collasso, con carenza di posti in terapia intensiva ed ossigeno; conseguentemente, numerose persone contagiate da COVID-19 percorrono vari ospedali senza essere accettate, costrette spesso ad un decesso in casa e senza assistenza medica. L’istruzione (già carente in vari Paesi e zone remote) ha visto chiusure anticipate dell’anno scolastico nel 2020, così come un diffuso ricorso ad una formazione di tipo virtuale, pregiudicando molti studenti di zone più emarginate, che non hanno accesso ad internet e altri mezzi tecnologici per potere seguire le lezioni.
Dopo oltre un anno dall’arrivo del Coronavirus sul continente, la povertà, la diseguaglianza sociale e la disoccupazione hanno avanzato ad un ritmo senza precedenti in questa Regione del mondo, secondo le stime della Commissione Economica per America Latina ed i Caraibi (CEPAL) dell’ONU: nel 2020 si è registrata una contrazione del PIL del 7,7%, con la chiusura di circa 2,7 milioni di aziende ed il conseguente incremento della disoccupazione, che ha colpito specialmente le donne (invertendo la tendenza verso un’inclusione della donna nel mercato lavorativo e riportandola ai livelli di una decade fa). A ciò si aggiungono i gravi problemi strutturali rappresentati dagli alti livelli d’informalità, la bassa produttività e la mancanza di un sistema adeguato di protezione sociale. Infatti, le misure d’emergenza che hanno adottato i governi latinoamericani hanno coperto solo un 50% della popolazione bisognosa di un sostegno economico (rispetto al totale di oltre 490 milioni di latinoamericani bisognosi, ovvero l’80% della popolazione della Regione); ciò ha causato un retrocesso di 12 anni, in quanto ai livelli di povertà, e di 20 anni, rispetto alla povertà estrema.
La Bolivia, unico Stato dell’America Latina e dei Caraibi dove il VIS è attualmente presente, non è tra i Paesi della Regione più colpiti dal COVID-19. Tuttavia, i fenomeni descritti si sono verificati anche qui, con le stesse conseguenze socio-economiche registrate a livello generale in tutta quest’area geografica. Gli interventi d’emergenza, realizzati dal VIS a sostegno della popolazione boliviana più emarginata, si sono concentrati nell’acquisto e distribuzione di pacchi alimentari a famiglie con bambini/e in processo di reintegrazione familiare, così come di viveri e medicinali a Centri d’Accoglienza per minori, nell’ambito di un progetto finanziato da UNICEF Bolivia.