Il Covid-19 in Albania, una presenza (in)visibile
Nel Paese, dall’inizio della pandemia, sono stati registrati 132.608 casi di Covid-19 e 2.456 decessi ma, passeggiando per le strade dell’Albania, da piazza Skanderberg a Tirana, fino ai villaggi più remoti del Kelmend, il coronavirus sembra essere un triste ricordo dell’anno passato.
L’Albania è stato uno dei primi Paesi dei Balcani occidentali ad imporre un lockdown riuscendo, almeno in parte, ad evitare una forte ondata di contagi che avrebbe messo in crisi il fragile sistema sanitario.
Tuttavia, con l’allentamento delle misure restrittive e le successive riaperture, i casi ed i decessi sono inevitabilmente aumentanti, portando con sé conseguenze sanitarie e socioeconomiche. Ad esempio, il debito pubblico è aumentato, il tasso di disoccupazione è in crescita e le condizioni delle numerose famiglie che vivono di un economia di sussistenza, soprattutto nelle zone rurali, è in peggioramento.
Nei primi mesi del 2021, anche in Albania, è stata avviata la campagna vaccinale contro la diffusione del Covid-19, in coincidenza con quella elettorale, che il 25 aprile ha visto la vittoria di Edi Rama, leader del partito socialista, per il suo terzo mandato governativo.
Ad oggi, le dosi vaccinali somministrate nel Paese sono oltre un milione e si registra una forte diminuzione del numero dei contagi che durante le prime settimane di luglio non ha superato gli 11 nuovi casi giornalieri, con un tasso di decessi tendente allo zero.
La diminuzione progressiva dei contagi e dei decessi, unita al procedere della campagna vaccinale, ha portato il Comitato Tecnico degli Esperti ad annunciare un allentamento delle misure restrittive: è stato rimosso l’obbligo delle mascherine all’aperto, il coprifuoco è stato spostato alle 24 ed è stata permessa una quasi totale ripresa delle attività.
Una fotografia odierna dell’Albania non mostrerebbe grandi tracce del virus: la percezione della maggior parte delle persone, infatti, è che la pandemia sia qualcosa di superato e appartenente al passato.
Un’altra peculiarità che emerge parlando con gli abitanti del Paese e frequentando le sue strade è la scarsa fiducia nelle autorità e nel sistema sanitario. A tal proposito, tra la popolazione vi è anche diffidenza verso la campagna di vaccinazione e, nonostante l’ampia diffusione che il virus ha avuto nel Paese, vi è ancora una sottovalutazione dei rischi dell’infezione da Covid-19.
Nonostante l’attuale miglioramento della situazione pandemica, le cifre ufficiali non risultano sufficienti a comprendere il reale impatto che la pandemia ha avuto nel Paese. Nelle zone più remote del Paese le famiglie si sono trovate completamente isolate, senza una fonte di reddito e senza la possibilità di accedere ad aiuti statali, in quanto la maggior parte delle piccole attività economiche sono informali.
Durante i mesi più intensi della pandemia, nel Nord del Paese il VIS si è messo a servizio della comunità, andando oltre le logiche progettuali e venendo incontro alle esigenze concrete della popolazione.
I primi interventi si sono concentrati nell’acquisto e nella distribuzione dei beni alimentari di prima necessità per le famiglie in maggiore difficoltà. Presso il centro giovanile di Koplik, dove il VIS insieme ai partner locali portando avanti attività educative e di scambio tra i giovani, si sono svolti incontri di sensibilizzazione sulle misure di prevenzione al Covid-19, nel corso dei quali si è proceduto alla distribuzione di mascherine e gel disinfettante.
Nonostante le difficoltà, l’impegno del VIS sul territorio non si è mai interrotto, continuando, inoltre, a sostenere la ripresa del turismo, settore particolarmente colpito ed ancora in via di sviluppo nelle zone del Nord.
Grazie anche alla concessione di 13 nuovi grants (sovvenzioni per piccole attività economiche) e all’approvazione di 8 progetti comunitari (investimenti per opere di interesse pubblico), dall’inizio del 2021 il VIS non smette di lavorare a fianco della comunità, contribuendo alla ripresa del Nord Albania dagli effetti del Covid-19.