Palestina, una gender analysis per superare la disparità delle donne e realizzare un empowerment di tutta la comunità
Nell’ambito del progetto “Child Friendly Schools” realizzato in Palestina e finanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), il VIS ha voluto dedicare un’attenzione particolare alle tematiche di genere prevedendo l’elaborazione di un’analisi volta a identificare bisogni delle comunità coinvolte differenziati per genere e a suggerire interventi e azioni per far fronte alle criticità emerse. La ricerca, condotta da Anna Rocchi, esperta in tematiche di genere e da Safa Abdo, esperta locale, si è concentrata sullo studio dei fattori e le sfide per promuovere l'uguaglianza di genere nell'Educazione in un contesto di emergenza (EiE). In particolare, lo studio si è focalizzato su un'analisi di genere applicata all' Area C (i due terzi di Cisgiordania ancora sotto occupazione Israeliana) e H2 (che corrisponde al centro storico della Città di Hebron, anch’esso parzialmente sotto occupazione israeliana). Come per tutte le ricerche con metodo misto, questo studio si è basato in gran parte sulla triangolazione di fonti, metodi, ricercatori e approcci analitici per garantire la solidità dei risultati e la verifica dei dati.
I risultati della ricerca hanno evidenziato come l'analfabetismo e l'ignoranza sui diritti delle donne sono ancora diffusi soprattutto tra le comunità che vivono in zone remote dell'Area C. Matrimoni precoci, poligamia, mancanza di opportunità gratuite per ottenere un'istruzione e abbandono precoce della scuola sono ancora aspetti estremamente presenti nella realtà di molte donne e ragazze dell'Area C e H2.
L’emersione di queste problematiche ha però anche stimolato l’elaborazione di raccomandazioni.
Appare infatti importante sottolineare come nonostante le criticità emerse le donne debbano essere parte attiva dello sviluppo economico di qualunque società. Attraverso la loro responsabilizzazione, l'intera società ne trarrà vantaggio. A tal fine è necessario sostenere l'empowerment economico, ma con un contemporaneo sforzo di cambio di mentalità, per evitare che le donne siano solo accusate dell'onere aggiuntivo (lavoro esterno) e non di un empowerment riconosciuto ed efficace.