Italia-Libia: no ad accordi che calpestano i diritti umani
Domani il Parlamento voterà il rifinanziamento degli accordi di cooperazione con la Libia fingendo di non vedere quanto accade in mare e nei centri di detenzione libici.
"L’Italia abbandoni le politiche di deterrenza e contenimento e si concentri sulla salvaguardia e protezione di uomini donne e bambini nel rispetto dei loro diritti umani". È quanto hanno chiesto diverse organizzazioni della società civile tra cui Medici Senza Frontiere e Amnesty International in audizione alle commissioni congiunte esteri e difesa di Camera e Senato.
Gravi i profili di criticità, avvertono le organizzazioni, riscontrati nel Decreto Missioni, varato dal governo, che conferma per il quinto anno consecutivo il supporto alla Guardia Costiera Libica e all’Amministrazione Generale per la Sicurezza Costiera.
Il CINI, di cui il VIS fa parte, si unisce all’appello delle organizzazioni audite per dire no ad accordi che calpestano i diritti umani.
“Se il Parlamento approverà il rinnovo, l’Italia non solo continuerà a finanziare e sostenere l’attività di intercettazione in mare e lo sbarco nei porti libici di rifugiati e migranti, ma aumenterà i fondi per queste attività con 500 mila euro in più rispetto al 2020” osservano le organizzazioni.
Crescono anche i finanziamenti per le missioni Irini e Mare Sicuro, che prevedono azioni a sostegno delle forze libiche, con un aumento rispettivamente di circa 15 e 17 milioni rispetto al 2020. Viene inoltre prorogato il dispiegamento di una nave italiana a Tripoli, a supporto delle forze navali libiche. Intanto in Libia migranti e rifugiati continuano ad essere sistematicamente esposti al rischio di detenzione arbitraria e ad altri gravi abusi dei loro diritti. Nei centri di detenzione, in cui vengono trattenuti illegalmente e a tempo indeterminato immediatamente dopo l’intercettazione in mare e lo sbarco in Libia, le condizioni di vita continuano ad essere disumane. Il numero delle persone detenute è cresciuto significativamente negli ultimi mesi, mentre continuano a venire documentati casi di torture, violenze sessuali e sfruttamento.
A partire dalla firma del Memorandum d’Intesa siglato con l’allora Governo di Accordo Nazionale nel febbraio 2017, l’Italia ha svolto un ruolo chiave nell’ideazione e nell’attuazione delle politiche di contenimento dei flussi migratori. Dei quasi 100 milioni di euro stanziati per il controllo dei confini terrestri e marittimi del Paese, circa un terzo è stato finanziato dal Decreto missioni: una spesa completamente svincolata dall’adozione di misure necessarie ad evitare lo sbarco in Libia delle persone soccorse o intercettate in mare, o per garantire il rispetto dei diritti di rifugiati e migranti in Libia. Con ciò, l’Italia si è resa corresponsabile per le violazioni e gli abusi commessi in Libia. “Sollecitiamo il Parlamento a revocare qualsiasi sostegno alla Guardia Costiera Libica e alla Amministrazione Generale per la Sicurezza Costiera, condizionando qualsiasi intesa all’adozione da parte libica di concrete misure a garanzia dei diritti di rifugiati e migranti, compreso l’impegno a sbarcare persone soccorse in mare in un porto sicuro, che non può essere in Libia”.