In Palestina un aiuto per l'ospedale oncologico e per quello per neonati prematuri
Al via due importanti progetti in Palestina per aiutare il Paese ad affrontare la grave emergenza sanitaria relativa al Covid-19. I fondi sono stati stanziati dalla CEI Conferenza Episcopale Italiana e saranno impiegati per la fornitura di dispositivi di protezione individuale destinati a due importanti ospedali.
L’emergenza legata al Covid-19 continua ad aggravare la situazione palestinese e il suo fragile sistema sanitario. Sono centinaia, infatti, i nuovi casi registrati ogni giorno: ad oggi, secondo le stime ufficiali, i casi positivi risalgono a 14.838, 84 morti e 6.289 guariti.
Il VIS, che opera nel Paese da più di trent’anni, ha deciso di agire rispondendo al bando della CEI che mira a finanziare progetti in grado contribuire concretamente alla gestione della pandemia. I due progetti prevedono un budget di 30.000 euro stanziati per ogni ospedale e saranno donati sottoforma di dispositivi di protezione individuale (guanti, mascherine, tute protettive, gel disinfettante…) necessari al personale sanitario per prendersi cura dei pazienti e ai pazienti stessi. I due ospedali che VIS sosterrà tramite questi fondi sono due poli sanitari importanti, specializzati nella cura dei più vulnerabili.
L’Augusta Victoria Hospital si trova a Gerusalemme fa parte del programma della Lutheran World Federation (LWF) e in partnership con il programma delle Nazioni Unite (UNRWA) è uno dei poli sanitari di riferimento per la cura dei rifugiati palestinesi. Si tratta di un ospedale specializzato nella cura di pazienti oncologici provenienti da tutto il territorio palestinese e si è, fin dall’inizio dell’emergenza, mobilitato per accogliere i pazienti positivi al Covid-19 convertendo alcune aree dell’ospedale in unità di cura specializzate.
L’Holy Family Hospital situato a Betlemme è promosso dall’omonima Fondazione non-profit basata a Washington D.C. e sostenuta dall’Ordine di Malta. L’ospedale è un centro di terapia neonatale specializzato nella cura di gravidanze ad alto rischio e neonati prematuri. Nell’ospedale cristiani e musulmani lavorano fianco a fianco per curare i pazienti senza fare alcuna differenza di fede, etnia e indipendentemente dalle possibilità di pagare le spese mediche; l’ospedale ha infatti programmi specifici destinati ad assistere le famiglie più bisognose. I progetti andranno a coprire solo una piccola parte dei bisogni di cui gli ospedali necessitano nella gestione di quest’emergenza ma seppur piccolo quest’aiuto è fondamentale e lo è ancor di più in un contesto come quello palestinese dove esiste già una grave mancanza di equipaggiamento ospedaliero.