04 febbraio 2013 - Si calcola che lo spreco pro-capite a livello di consumatore in Europa, in Nord America ed in Oceania, sia di 95/115 kg l'anno, mentre nell'Africa Subsahariana, nel sud e sudest asiatico oscilli soltanto tra i 6 e gli 11 kg l'anno. Da qui parte. L’iniziativa dell’UNEP, della FAO e di altri partner sollecita consumatori, industria alimentare e governi a cambiare la cultura degli sprechi alimentari rappresentata da queste cifre.
Semplici interventi da parte dei consumatori e dei dettaglianti possono contribuire notevolmente a tagliare i 1,3 miliardi di tonnellate di cibo che ogni anno vanno perdute o sprecate e gettare le basi per un futuro sostenibile secondo la nuova campagna mondiale contro gli sprechi alimentari lanciata oggi dall'UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, dalla FAO, l'Organizzazione ONU per l'Alimentazione e l'Agricoltura e da altri partner.
La campagna Think. Eat. Save., riduci a tua impronta ecologica alimentare, nasce a sostegno di SAVE FOOD, l'iniziativa per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari lungo l'intera catena della produzione e del consumo alimentare - gestita dalla FAO e dall'organizzazione di fiere commerciali Messe Dusseldorf - e nell'ambito dell'iniziativa del Segretario Generale dell'ONU Fame Zero. Questa nuova campagna pone al centro specificatamente gli sprechi alimentari da parte dei consumatori, della distribuzione e dell'industria turistica.
La campagna si avvantaggia dell'expertise di organizzazioni come WRAP, Feeding the 5,000 ed altre che lavorano per eliminare gli sprechi di cibo, e che hanno una notevole esperienza nell'individuare e cambiare pratiche di spreco alimentare.
Think. Eat. Save. punta ad accelerare gli interventi, ed a fornire una visione globale e la condivisione delle informazioni sulle iniziative in tutto il mondo, sul portale www.thinkatsave.org.
Secondo i dati della FAO, a livello mondiale, circa un terzo di tutto il cibo prodotto, per un valore approssimativo di mille miliardi di dollari, va perduto o sprecato lungo la produzione ed il consumo. Le perdite alimentari avvengono per lo più a livello della produzione - raccolto, trasformazione e distribuzione - mentre gli sprechi di cibo avvengono in genere a livello di dettaglianti e di consumatori.
"In un mondo di sette miliardi di persone, che raggiungerà i nove miliardi per il 2050, sprecare cibo è assolutamente illogico - dal punto di vista economico, ambientale ed etico", ha dichiarato Achim Steiner, Sotto Segretario Generale dell'ONU e Direttore Esecutivo dell'UNEP.
"A parte le implicazioni sui costi, va notato che vanno sprecati anche la terra, l'acqua, i fertilizzanti e la mano d'opera che sono stati necessari per coltivare quel cibo - senza contare l'emissione di gas serra prodotti dalla decomposizione del cibo nelle discariche ed il trasporto di cibo che alla fine viene gettato", ha aggiunto. Per un mondo che sia realmente sostenibile, dobbiamo cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo le nostre risorse naturali".
"Insieme possiamo ribaltare questa inaccettabile tendenza e migliorare le condizioni di vita. Nei paesi industrializzati, circa metà di tutto il cibo viene dissipato - circa 300 milioni di tonnellate - perché produttori, distributori e consumatori eliminano alimenti che sono ancora buoni per essere consumati", ha dichiarato José Graziano da Silva, Direttore Generale della FAO. "Questo è più del totale netto della produzione alimentare dell'Africa Subsahariana, e sarebbe sufficiente a nutrire i circa 870 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo".
"Se riusciamo ad aiutare i produttori a ridurre le perdite mediante migliori sistemi di raccolto, di trasformazione, di immagazzinamento, di trasporto e di commercializzazione, ed uniamo a questo un cambiamento profondo e duraturo del modo in cui la gente consuma il cibo, possiamo raggiungere un mondo più salutare e libero dal problema della fame", ha aggiunto Graziano da Silva.
Il sistema alimentare mondiale ha profonde implicazioni per l'ambiente e produrre maggior cibo serve solo a esacerbare la pressione su di esso.
Oltre il 20 % di tutta la terra coltivata, il 30% delle foreste ed il 10% dei pascoli sono degradati;
A livello globale viene prelevato il 9% delle risorse idriche, il 70% del quale viene utilizzato dall'agricoltura irrigua;
I cambi di destinazione agricola e del territorio, come ad esempio la deforestazione, incidono per oltre il 30% sul totale delle emissioni di gas serra;
A livello mondiale, i sistemi agro-alimentari incidono per circa il 30% dell'energia disponibile a livello di fruitore finale;
Lo sfruttamento eccessivo delle risorse marine, insieme ad una loro cattiva gestione, contribuisce a sminuire le risorse ittiche, con la conseguenza che circa il 30% degli stock ittici sono adesso sfruttati in eccesso.
Il via alla campagna è stato in parte dato dal Vertice Rio+20 del giugno 2012, nel quale Capi di Stato e di Governo hanno approvato un Quadro Programmatico Decennale per modelli di consumo e produzione sostenibili (SCP, l'acronimo inglese). Sviluppare in questo ambito un programma per il settore alimentare deve essere un elemento centrale di questo quadro programmatico, considerata la necessità di sostenere la base della produzione alimentare mondiale , ridurre l'impatto ecologico ad essa associata e nutrire una popolazione mondiale in continua crescita.
"Non c'è forse nessun'altra area così che mostri in modo emblematico l'opportunità di raggiungere un mondo più efficiente dal punto di vista delle risorse e più sostenibile - e non c'è nessuna altra questione che può unire il Nord ed il Sud, e consumatori i produttori in una causa comune", ha detto Steiner.
Secondo la FAO (http://www.fao.org/save-food/en/) circa il 95% delle perdite e degli sprechi alimentari nei paesi in via di sviluppo sono perdite non intenzionali che avvengono ai primi stadi della filiera agroalimentare dovuti a limiti finanziari, manageriali, nelle tecniche di raccolto, nelle strutture per l'immagazzinamento e la refrigerazione in condizioni climatiche difficili, nelle infrastrutture, e nei sistemi di imballaggio e commercializzazione.
Nei paesi industrializzati la parte finale della catena alimentare ha un ruolo molto più importante. A livello di industria alimentare e distribuzione al dettaglio grosse quantità di cibo vanno sprecate a causa di cattive pratiche, standard di qualità che danno troppa importanza all'apparenza, confusione sulle etichette di scadenza e consumatori che buttano via cibo ancora buono per il consumo a causa di acquisti di cibo eccessivi, tecniche di conservazione inappropriate e pasti troppo abbondanti.
Si calcola che lo spreco pro-capite a livello di consumatore in Europa, in Nord America ed in Oceania, sia di 95/115 kg l'anno, mentre nell'Africa Subsahariana, nel sud e sudest asiatico oscilli soltanto tra i 6 e gli 11 kg l'anno.
Secondo l'organizzazione WRAP, nel Regno Unito se si affrontasse il problema dello spreco di cibo, in media una famiglia potrebbe risparmiare circa 680 sterline l'anno (1,090 dollari) ed il settore turistico circa 724 milioni di sterline (1,2 miliardi di dollari).
"Nel Regno Unito abbiamo dimostrato come affrontando il problema dello spreco di cibo coinvolgendo i consumatori e istituendo degli accordi con i distributori e con l'industria alimentare, si riduca la pressione sull'ambiente e si contribuisca alla crescita economica", ha dichiarato La Dott.ssa Liz Goodwin, amministratrice delegata di WRAP. "Con l'incremento demografico in atto vi sarà una pressione ancora maggiore sulle risorse. Noi siamo entusiasti di essere partner della campagna della FAO e dell'UNEP Think.Eat.Save, un inizio importante per affrontare lo spreco alimentare su scala mondiale".
In modo analogo in altre parti del mondo, l'Unione Europea ha preso n esame la questione degli sprechi alimentari, e la Commissione Europea ha dato tutto il suo appoggio all'iniziativa.
"Nell'Unione Europea ci siamo prefissi l'obiettivo di dimezzare lo spreco di cibo commestibile entro il 2020 e per la stessa data eliminare quasi del tutto le discariche. La Commissione l'anno prossimo intende presentare proposte sulla sostenibilità dei sistemi alimentari con una grande attenzione agli sprechi di cibo", ha dichiarato Janez Potočnik, Commissario Europeo per l'ambiente.
"Un minore spreco di cibo porterebbe ad un uso più efficiente della terra, ad una gestione migliore delle risorse idriche, ad un impiego più sostenibile del fosforo, ed avrebbe ripercussioni positive sul cambiamento climatico. Il nostro lavoro è assolutamente in linea con questa iniziativa", ha aggiunto.
Affinché la campagna possa raggiungere il suo enorme potenziale è necessario che tutti siano coinvolti - le famiglie, i supermercati, le catene alberghiere, le scuole, i club sportivi , le associazioni, come pure amministratori delegati, sindaci e leader mondiali.
Il sito della campagna www.thinkeatsave.org offre a consumatori e dettaglianti semplici suggerimenti, e fornisce a coloro impegnati nella campagna un foro per scambiare idee e creare una vera cultura mondiale di consumo alimentare sostenibile.
fonte: WWW.FAO.ORG