6 marzo 2013 - "Adesso basta, ora pretendiamo di non essere più presi in giro con false promesse e con giustificazioni insensate: l'Italia deve uscire dal programma JSF per i caccia F-35 immediatamente".
E' quanto affermato dagli esponenti di Rete Disarmo attivi nella campagna "Taglia le ali alle armi!" che dal 2009 chiede di dimenticarci dei cacciabombardieri F-35 e utilizzare le enormi risorse che dovrebbero servire per il loro acquisto verso investimenti più utili e sensati per la popolazione italiana. Un'azione promossa da Rete Italiana per il Disarmo, Campagna Sbilanciamoci e Tavola della Pace e sostenuta da centinaia di associazioni e realtà di tutta Italia e che è riuscita nel corso di questi mesi a portare la questione al centro del dibattito politico e dell'opinione pubblica. Lavorando e ottenendo consensi anche quando di questo "spreco con le ali" erano in pochi ad interessarsi.
Gli ultimi, ennesimi, problemi tecnici addirittura al motore che hanno costretto il Pentagono a sospendere precauzionalmente tutti i voli dimostrano ancora meglio come la scelta di proseguimento nella partecipazione italiana al Joint Strike Fighter si potrebbe rivelare ancora più problematica e dispendiosa di quanto già evidente anche solo con le previsioni iniziali di spesa e di impegno: "Va ricordato infatti - sottolinea Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo - come le recenti stime della nostra campagna, che sui dati non è mai stata smentita da nessuno, indicano in circa 52 miliardi di euro il totale dei fondi che l'Italia arriverebbe a destinare all'F35 nel corso di tutto il suo ciclo di vita, con un costo iniziale di solo acquisto e sviluppo che arriva ai 14 miliardi di euro per i 90 esemplari previsti".
La Campagna "Taglia le ali alle armi" in una sua recente conferenza stampa ha anche dimostrato come siano inconsistenti i tanto sbandierati (dalla Difesa e dai sostenitori del programma) ritorni occupazionali ed industriali che dovrebbero giustificare la nostra partecipazione al circo JSF (in allegato la scheda con tutti i "veri" numeri dell'F35). In realtà sono le pressioni politiche ed economiche incrociate a pretendere questo tributo armato dalle casse pubbliche, come dimostrato dai continui rimandi ad una presunta indispensabilità del caccia non altrimenti argomentata e ai viaggi nei paesi partner sia del Segretario Usa alla Difesa sia di alti rappresentanti della Lockheed Martin, capocommessa del progetto.
"Pressioni e richiami che continuano anche quando il silenzio sarebbe d'oro - dichiara Massimo Paolicelli, presidente di Associazione Obiettori Nonviolenti e tra gli estensori del dossier di Campagna - come è infatti possibile che il Ministro-Ammiraglio Di Paola ad un giorno dalle elezioni che vedranno il termine del suo cammino di ministro "tecnico" della Difesa continui a dichiarare con sicurezza che l'Italia non ripenserà ulteriormente la sua presenza nel programma? Come può, tra l'altro a margine di incontri NATO, esserne così sicuro? Cosa c'è dietro, che tipo di accordi o di pressioni opachi?"
La speranza di "Taglia le ali alle armi" è invece quella di un radicale ripensamento dei nostri acquisti di cacciabombardieri F-35 da parte del Governo che si insedierà a breve. E che, anche analizzando gli ultimissimi passi falsi del progetto, potrebbe rendersi conto definitivamente come le priorità del nostro Paese e dei suoi abitanti siano di altra natura e di altra rilevanza. “Qualcuno ha detto che l'F-35 è diventato un'icona della lotta contro le spese militari – commenta Gianni Alioti di FimCisl che da tempo sottolinea lo scarso ritorno occupazionale del programma - Si lo è, lo possiamo dire. Perché incarna il paradigma della follia e dello spreco immenso di risorse economiche che ogni giorno vengono sacrificate sull'altare degli interessi del complesso militare-industriale, anche nel nostro Paese”.
(Fonte: Rete Italiana per il Disarmo - 23 febbraio 2013)