Sud Sudan: terzo anno dall'indipendenza. Il Paese è a rischio di catastrofe umanitaria

10 luglio 2014 - Il conflitto e la stagione delle piogge continuano ad aggravare la situazione umanitaria in Sud Sudan, dove ormai oltre un milione di persone ha lasciato le proprie case e non ha accesso a cibo, acqua e cure sanitarie e dove intere comunità sono state completamente distrutte. Oggi, nel terzo anniversario dell’indipendenza del paese e della sua divisione dal Sudan, il network di ONG AGIRE richiama l’urgenza di una maggiore risposta umanitaria nei confronti della più grave crisi africana del momento.

Le Nazioni Unite stimano che circa 1,5 milioni di persone siano in fuga, di cui circa 1,1 milioni sfollati all’interno dei confini del paese e 400 mila fuggite all’estero, soprattutto nei paesi confinanti. Ancor prima che il conflitto riesplodesse con veemenza nel dicembre scorso, il Sud Sudan versava in una situazione di cronica emergenza sanitaria. «In questo momento si accavallano purtroppo diverse emergenze – dice Marco Bertotto, direttore di AGIRE. «Sei mesi di conflitto che hanno generato esodi in massa, il collasso delle strutture sanitarie, allagamenti dovuti all’intensa stagione delle piogge, sacche di grave malnutrizione e il crescere del numero di casi di colera. L’insieme di questi diversi fattori rende l’emergenza in Sud Sudan particolarmente grave: è una crisi umanitaria che non possiamo più ignorare».

L'insicurezza è una delle più grandi sfide per la consegna degli aiuti umanitari. Per raggiungere le popolazioni più in difficoltà, le organizzazioni umanitarie hanno bisogno di accesso incondizionato a tutte le aree. Le parti in conflitto dovrebbero rispettare in ogni momento i movimenti e la presenza delle agenzie umanitarie. Ma purtroppo i continui combattimenti e gli spostamenti di migliaia di persone ogni giorno, la distruzione dei mercati, l’impossibilità di seminare e raccogliere, la violenza della stagione delle piogge, l’insicurezza alimentare e la correlata vulnerabilità stanno mettendo a rischio sempre più serio milioni di persone. Gli esperti dell’IPC (Integrated Food Security Phase Classification) hanno già evidenziato che se il conflitto perdurerà e il livello degli aiuti umanitari non sarà incrementato, entro il mese di agosto è probabile che alcune aree del paese cadranno in situazioni di carestia.

Anche la disponibilità di fondi costituisce un grave limite all’azione delle agenzie umanitarie. Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per circa 1,8 miliardi di dollari, ma finora i paesi donatori hanno contribuito con meno della metà delle risorse necessarie. Le stesse campagne di raccolta fondi lanciate dalle singole organizzazioni umanitarie si sono dimostrate insufficienti a sostenere la capacità operativa presente sul terreno e i bisogni effettivi delle popolazioni.

«E’ una situazione sempre più complicata: per prevenire una catastrofe umanitaria non si può attendere che il peggior scenario possibile si realizzi. Le 7 organizzazioni non governative di AGIRE presenti nel paese stanno intensificando i loro programmi di assistenza umanitaria, ma è indispensabile che la comunità internazionale e i governi donatori diano un contributo concreto sia per aumentare la disponibilità di fondi che per favorire l’accesso dei soccorritori alle comunità colpite – conclude Bertotto.

AGIRE continua a mantenere sotto stretta osservazione la situazione umanitaria in Sud Sudan. Il livello di bisogni sul terreno e la capacità operativa delle organizzazioni associate sarebbero sufficienti a giustificare l’immediato lancio di un appello congiunto di raccolta fondi. Purtroppo il grado di informazione e sensibilità dell’opinione pubblica non bastano a garantire il successo dell’appello e impediscono quindi, in Italia come in altri paesi europei, l’efficace attivazione di campagne di raccolta fondi da parte delle organizzazioni non governative.