I nostri ragazzi del Servizio Civile sono impegnati in tutto il mondo per mettersi al servizio dei più bisognosi. Oggi pubblichiamo una pagina di diario di Francesca Tosetti, volontaria del Servizio Civile in Bolivia.
Mi sento come se fossi appena arrivata, e allo stesso tempo ho talmente tante cose da raccontare che mi sembra di essere qui da una vita. La penna fa veramente fatica a tenere il ritmo delle storie che si intrecciano intorno a me, e dentro di me. I primi giorni sono stati senza dubbio i più duri, perché l’impatto con la città è stato forte. Siamo arrivati appena dopo una pioggia torrenziale che ha allagato le strade e portato un’illusione di freschezza che ben presto si è trasformata in umidità e pesantezza. I miei tentativi di non crearmi aspettative sono naufragati: la prevedibile differenza tra immaginare una situazione di disagio e viverla in prima persona mi è piombata addosso in tutta la sua evidenza. Sapere che la Bolivia è il paese più povero del Sudamerica non basta a capire cosa significhi effettivamente questo per le persone che ci vivono. Non credo che sia possibile arrivare preparati, l’unico modo per affrontare una realtà così diversa e problematica è provarla sulla propria pelle, e darsi il tempo di abituarsi.
Il corso di formazione specifica per me è stato un ulteriore colpo, perché l’obiettivo dello staff era proprio quello di aprirci gli occhi e metterci in guardia sui vari pericoli che sono all’ordine del giorno in questo Paese. Insomma, il quadro iniziale era davvero tragico, e non riuscivo a fare altro che pensare di non esserne all’altezza e chiedermi “che cosa ci faccio qui?”.
Poi, come per magia, tutta la tensione accumulata si è sciolta appena ho messo piede nel primo centro di accoglienza del Proyecto Don Bosco. I sorrisi con cui mi hanno accolto e l’atmosfera che si respirava in quel cortile mi hanno fatto dimenticare tutto! E improvvisamente mi sono sentita nel posto giusto.
Il centro in cui ho scelto di lavorare, Techo Pinardi, si occupa di adolescenti che hanno vissuto una situazione di strada, spesso legata a casi di violenza familiare e sfruttamento. Proprio da questi ragazzi così spesso considerati deboli e problematici ho ricevuto la forza di cui avevo bisogno. I primi giorni erano veramente loro che aiutavano me! E per la seconda volta in pochissimo tempo ho dovuto rivedere le mie aspettative… Vedere questi bambinoni cresciuti troppo in fretta che giocano a fare gli uomini mi ha proprio aperto il cuore. E l’attenzione che ricevo da loro, l’entusiasmo con cui accettano di partecipare alle attività che propongo mi dimostrano che a volte basta veramente poco per fare la differenza. I momenti di frustrazione ci sono, perché è facile sentirsi impotenti e “inghiottiti” da un contesto complesso di cui spesso conosciamo solo una piccola parte. Ma la consapevolezza di poter offrire una possibilità di cambiamento a dei giovani che la meritano come e forse più di tanti altri è proprio la risposta che cercavo.