14 giugno 2012 - Pubblichiamo oggi un'intervista a Paolo Soprano, Dirigente del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, realizzata da Alessandra Tarquini Responsabile Comunicazione VIS che trovate nell'ultimo numero della nostra rivista "Un Mondo possibile".
Nell'attuale situazione di crisi economico-finanziaria, sta diventando sempre più diffusa, in Italia e non solo, la convinzione che solo accogliendo nel nostro modello di sviluppo le istanze ecologiche e sociali è possibile rilanciare la crescita su basi solide e durevoli. E in questo senso la Conferenza di Rio rappresenta un'occasione unica per definire una visione globale condivisa sulle strade da percorrere per riconciliare l'economia con le esigenze della sostenibilità, con la conservazione degli ecosistemi e l'equità sociale. Il dibattito a Rio si concentrerà proprio sulla transizione verso un nuovo paradigma economico, la c.d. "green economy", capace di considerare la sua dipendenza dai sistemi naturali, alleviare le minacce globali, ridurre il divario tra ricchezza e povertà. In questa prospettiva sarà necessario riprendere i principi affermati dal Vertice della Terra del 1992 per adattarli alle sfide emerse negli ultimi venti anni, dalla difficile congiuntura finanziaria alle minacce ambientali, dalla crescita demografica all'incessante avanzare dei Paesi "emergenti", dall'impoverimento delle risorse naturali alla crisi alimentare.
L'Italia dunque, come gli altri partner europei, ha sicuramente interesse a che l'appuntamento di Rio produca un impegno politico forte e serva non solo a portare a compimento il lavoro iniziato nel 1992 e a identificare le lacune da colmare, ma anche ad adottare una chiara e concreta strategia operativa che affronti e risolva le nuove sfide. Stiamo lavorando con gli altri paesi dell'Unione europea allo scopo di ottenere a Rio risultati importanti e tangibili su entrambi i temi in discussione: l'economia verde e il quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile.
Sin dal Vertice del 1992, che ha avuto il merito di sottolineare per primo il forte nesso che unisce la tutela ambientale e lo sviluppo socio-economico, la lotta al degrado ambientale è stata sempre più frequentemente associata alla lotta alla povertà. Nel processo di preparazione di Rio +20, tuttavia, sono emerse alcune perplessità da parte dei Paesi in Via di Sviluppo e delle economie emergenti, che temono che l'individuazione di impegni specifici in tema di "green economy" possa portare ad oscurare le priorità internazionali dello sviluppo. L'Unione europea, a fronte di tali preoccupazioni, porta avanti il concetto di "economia verde inclusiva", come uno strumento per il raggiungimento di sviluppo sostenibile in grado di offrire opportunità per tutti i paesi, creare posti di lavoro e contribuire allo sradicamento della povertà, tutelando al tempo stesso le risorse naturali. La green economy deve essere infatti funzionale al benessere di tutte le nazioni e di tutte le genti, finanche le più deboli, che più delle altre sono legate alla ricchezza degli ecosistemi. All'interno di questo dibattito suscita interesse la proposta, avanzata da diversi paesi latinoamericani, di individuare un nuovo set di obiettivi, i "Sustainable Development Goals" (SDG), secondo un processo analogo a quello che portò nel 2000 a definire le priorità della cooperazione internazionale attraverso i "Millennium Development Goals" (MDG). L'individuazione di un nuovo insieme di impegni, con azioni concrete e target specifici, focalizzati su questioni critiche quali, ad esempio, l'energia o l'acqua, avrebbe il merito di far confluire le politiche in materia di sviluppo
"post 2015" (termine previsto per i MDG) nell'agenda internazionale sullo sviluppo sostenibile, prevedendo degli obiettivi universali, ossia applicabili all'intera gamma dei paesi dell'ONU, anche quelli sviluppati.
Purtroppo i deboli risultati raggiunti a Durban, ed in generale nell'ambito dei negoziati sul clima, hanno creato, sia a livello di opinione pubblica che di attenzione politica, una forte mancanza di fiducia nella possibilità di ottenere risultati efficaci nelle politiche globali.
Il termine "validità" applicato ad una conferenza internazionale potrebbe essere interpretato in molteplici modi. Se intendiamo validità come "raggiungimento di obiettivi", probabilmente il negoziato della Conferenza Rio +20 sta mettendo in luce alcune difficoltà nell'individuare obiettivi comuni, che riflettono il nuovo panorama internazionale alla ricerca di delicati equilibri.
A mio avviso, la Conferenza Rio +20 offre una grande opportunità proprio per rilanciare e rinnovare l'impegno di tutti verso la sostenibilità, e quello che ci aspettiamo è che i Capi di Stato e di Governo sottoscrivano una Dichiarazione che indichi un percorso da seguire e, in alcuni casi, da costruire.
Parafrasando Gandhi, soltanto noi possiamo essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. Credo sia questo l'unico parametro di "validità".
Lo sviluppo sostenibile non può prescindere dal contributo sinergico di tutti gli attori del mondo economico, sociale, culturale e scientifico. A livello internazionale il processo di preparazione e follow-up di Rio +20 prevede il coinvolgimento attivo dei diversi settori della società civile, i nove "Major Groups" previsti dall'Agenda 21 (imprese, agricoltori, amministrazioni locali, comunità scientifica, ONG, donne, giovani, sindacati e popolazioni indigene).
È un approccio aperto che è stato adottato anche su scala nazionale. Il Ministero dell'Ambiente ha infatti avviato un processo preparatorio condiviso che ha portato alla costituzione di un "Forum della Società Civile". Dal primo incontro del Forum è subito emersa l'esigenza di fare una mappatura delle realtà italiane virtuose già impegnate nella green economy; come primo passo, abbiamo dunque deciso di attivare, in collaborazione con il Consorzio Universitario per la Ricerca Socio-economica e per l'Ambiente (CURSA), un portale per la raccolta delle esperienze (http://rio20.cursa.it/), all'interno del quale tutti i rappresentanti della società civile italiana - dalle associazioni alle imprese, dalle amministrazioni locali agli enti di ricerca - sono stati invitati a segnalare la proprie iniziative più significative. Gli esiti di tale raccolta confluiranno in una banca dati e serviranno a rafforzare il contributo italiano alla Conferenza di Rio e ai successivi impegni in materia di sviluppo sostenibile. Il dialogo avviato s'inserisce dunque in un processo di più ampio respiro che va oltre Rio +20, e che intende valorizzare e mettere in sinergie le tante realtà virtuose che abbiamo in Italia.
Come ho accennato, è ormai evidente che la sostenibilità deve essere considerata una chiave di volta per superare la crisi, rilanciare la crescita e creare occupazione. Anche in Italia questa consapevolezza sta diventando sempre più forte, come dimostrano le iniziative che da più parti cercano di promuovere strade alternative per la crescita del Paese, nonostante le difficoltà generate dalla scarsa disponibilità di risorse economiche. Ne sono un esempio i recenti bandi e i progetti presentati dal Ministero dell'Ambiente a favore dell'innovazione e della ricerca, soprattutto nel settore dell' energia pulita e dell'efficienza energetica, così come il sostegno ai progetti per l'analisi dell'impronta di carbonio nel ciclo di vita dei prodotti. Ma non mi riferisco solo all'azione del governo: le proposte, le azioni e le riflessioni che provengono dalle amministrazioni locali, delle università, delle imprese e delle associazioni testimoniano un fermento diffuso che coinvolge tutto il Paese.
Credo che l'unico Mondo Possibile sia quello che abbiamo a disposizione. Ed è di questo che ci dobbiamo occupare per renderlo migliore. Il processo preparatorio della Conferenza di Rio, al di là dei risultati che emergeranno a giugno, mette comunque in evidenza la necessità di impegnarsi per fare fronte alle numerose emergenze economiche, sociali e ambientali che minacciano la terra.
Il "Living Planet Report" del 2012, che verrà diffuso in occasione della Conferenza, mette in evidenza che l'umanità vive al di sopra delle proprie possibilità, utilizzando il 50% in più delle risorse che la Terra può produrre, compromettendo seriamente l'avvenire delle future generazioni. Ma la Terra si può ancora salvare e cambiare rotta è possibile. Dobbiamo, quanto prima, formulare un percorso che abbia come obiettivi prioritari la transizione verso una green economy e il cambiamento dei modelli di produzione, di consumo e degli stili di vita.
Intervista a cura di Alessandra Tarquini