21 aprile 2020 - Attraverso le voci dei nostri operatori di sviluppo proseguiamo nel racconto di cosa il VIS sta realizzando nei Paesi per supportare le persone nel periodo dell'emergenza Covid-19. Oggi proponiamo il diario di Lorenzo Marfisi, coordinatore di progetto VIS in Bolivia:
Cochabamba, 20 aprile 2020. E’ un mese che la Bolivia è entrata in quarantena per prevenire e limitare i contagi dal virus Covid19. Il primo caso è stato diagnosticato il 10 marzo nella regione di Santa Cruz, il secondo in quella di Oruro. Inizialmente si è trattato di casi importati: persone (straniere o biliviane) che sono arrivate via aerea dall’Italia e dalla Spagna. Poi, si è esteso a casi locali. Le scuole sono state le prime a chiudere (12-13 marzo) e le misure da parte del governo si sono rapidamente elevate con restrizioni alla mobilità fino ad arrivare ad un blocco totale a partire dal 21 marzo. Il trasporto pubblico è stato completamente sospeso: possono circolare solo mezzi privati autorizzati. Da quella data si può uscire una sola mattina a settimana in base all’ultimo numero della carta d’identità. Per esempio, coloro che, come me, sono in possesso di un documento d’identità che termina con il numero 4 tocca il martedì mattina. Dal venerdi pomeriggio fino a domenica notte, nessuno può uscire, tutto è chiuso. Queste misure – per il momento – perdureranno fino al 30 aprile.
Similarmente ad altri Paesi, anche qui si tiene aggiornata una triste contabilità che manifesta il grado di progressiva propagazione e mortalità del virus in un Paese con un sistema sanitario pubblico debole e scarsamente preparato per far fronte ad un’inattesa emergenza. Ad oggi, registriamo in tutto il Paese 564 persone contagiate, 33 decessi e 31 persone recuperate. Paesi vicini registrano un maggior numero di contagi per Coronavirus: in Brasile sono 39.144, in Peru 15.628, in Cile 10.088, in Ecuador 9.468, in Argentina 2.941. L'Organizzazione Mondiale della Salute prevede che in America Latina il picco di propagazione del virus si raggiungerà nel mese di maggio.
Abbiamo subito compreso che con la propagazione del virus e la conseguente reazione del governo tesa a limitare al massimo qualsiasi contatto sociale avrebbe posto migliaia di famiglie a rischio fame in quanto molte vivono di commercio o altre attività economiche informali con introiti giornalieri che, venendo a mancare, rappresentano un grave problema già nel breve periodo. A ciò si aggiunga che tutti gli esercizi non-essenziali sono chiusi da un mese. Di conseguenza, molte persone hanno perso o stanno perdendo il lavoro, in quanto le piccole imprese non possono permettersi di pagare un salario a personale che non sta lavorando.
È in questo nuovo contesto che il VIS è venuto ad operare. Nel quadro del programma “per il diritto a vivere in famiglia”, ideato da UNICEF Bolivia di cui il VIS è parte integrante, abbiamo realizzato uno screening di “rischio fame” alle famiglie che già prima della pandemia vivevano una situazione di vulnerabilità sociale e con le quali da alcuni mesi stavamo già lavorando con il proposito di reintegrare in famiglia il loro bambino accolto presso un centro residenziale per minori, alcuni dei quali gestiti dalla Congregazione Salesiana. Di fatto, rispondendo ad una grave e repentina situazione di rischio, abbiamo trasformato un progetto che, originariamente teso a garantire l’esercizio del diritto del bambino a vivere in famiglia, diventa un intervento di aiuto umanitario attraverso la distribuzione di pacchi con generi di prima necessità al fine di mitigare una situazione di crisi che, in alcune famiglie, si è venuta a manifestare dopo alcuni giorni di quarantena.
Non potendo recarmi in ufficio, casa mia si è trasformata in cabina di regia nella distribuzione dei pacchi familiari e delle azioni di monitoraggio che settimanalmente realizziamo per verificare in che misura i centri di accoglienza per bambini stanno resistendo alla situazione e come le autorità pubbliche locali stanno rispondendo ai rischi connessi ad un contesto tutto nuovo mentre sono chiamati a portare avanti servizi di attenzione al cittadini.
Ad oggi, abbiamo distribuito 30 pacchi alimentari nelle regioni di Cochabamba e Santa Cruz per un valore complessivo di circa 1.400 euro: una goccia nel mare.
Il problema maggiore è stato come realizzare la distribuzione dei pacchi, essendo anche noi operatori di ONG sottoposti a misure di quarantena che ci limitano fortemente negli spostamenti. Come previsto, poche delle nostre famiglie beneficiarie sono titolari di un conto corrente bancario su cui eventualmente depositare un bonus economico funzionale a che ciascun beneficiario compri i generi alimentari. Abbiamo così attivato “safety nets”, ovvero reti di sostegno per far pervenire alla famiglia beneficiaria il bonus economico. In alcuni casi ci siamo appoggiati ad un familiare che vive relativamente vicino all’abitazione della famiglia beneficiaria. In alternativa, funzionari municipali di fiducia hanno messo a disposizione i loro conti correnti per far pervenire il bonus economico al destinatario. Quando possibile, abbiamo realizzato trasferimenti economici attraverso un meccanismo telefonico che consente al ricevente ritirare il cash da appositi punti della compagnia telefonica presente in zone strategiche di periferia, quali sono ad esempio i mercati di quartiere. In alcuni casi, abbiamo realizzato la distribuzione porta a porta.
Per esempio, la foto rappresenta il momento di una consegna a domicilio di un pacco ad una madre sola con bambini a carico di una zona remota della Bolivia. La consegna è stata realizzata da operatori municipali contattati dal VIS e coadiuvati dalla polizia boliviana. Nel caso specifico, il bonus economico inviato dal VIS è transitato attraverso un funzionario municipale affinché quest’ultimo – in quanto autorità locale – si incaricasse della consegna a domicilio a favore di una signora che vive di agricoltura di sussistenza e di piccolo commercio. Uno dei figli della signora è stato recentemente reintegrato dal VIS (di concerto con le autorità locali) nel nucleo familiare: fino a febbraio 2020 e per vari mesi il bambino risiedeva presso un centro di accoglienza della città di Cochabamba.
Benchè la distribuzione di alimenti costituisca il cuore della nostra azione d’emergenza, l’intervento non termina qui. Questa viene rafforzata da un’azione di accompagnamento che ci permette constatare l’effettiva distribuzione del bonus al destinatario finale e la corretta acquisizione di alimenti e generi di prima necessità. Il tutto viene coadiuvato da apposito meccanismo amministrativo: ogni beneficiario e/o persona che si offre di intermediare tra noi ed il destinatario finale scrive a mano e firma su un foglio un impegno per il corretto utilizzo dei fondi o per depositare a chi corrisponde il bonus trasferito in un tempo utile. Questo documento viene fotografato con un cellulare ed inviato tramite whatsapp al nostro operatore. Insomma, data la situazione, il nostro intervento di aiuto umanitario si basa su un mix di reti di sostegno comunitario e nuove tecnologie. A ciò si aggiunga l’importanza di far pervenire alle famiglie informazioni essenziali rispetto alle misure di bio-sicurezza funzionali a prevenire il contagio, interventi di contezione psicologica via telefono, cui ultimamente si è aggiunto il compito di orientare le famiglie in relazione a diversi bonus economici che recentemente il governo ha messo a disposizione delle famiglie socialmente vulnerabili.
Non sappiamo come evolverà la situazione in Bolivia. Per ora, anche noi, ci diciamo che ce la possiamo fare e tutto andrà bene.