9 gennaio 2014 - Abbiamo ricevuto da Don Fernando questo augurio per il nuovo anno. Don Fernando è un Salesiano che vive in Repubblica CentroAfricana e ci racconta la situazione nel paese a 30 giorni dall'inizio della guerra.
BUON ANNO 2014 a tutti.
Carissimi, vi offro un seconda carrellata sulla situazione in Repubblica Centro Africana (RCA) a 30 giorni dall’inizio della guerra. Perché Guerra è la più stracciona delle guerre. E’ triste morire, ma morire per niente è assurdo. Voilà:
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Dopo un Natale di violenza, una relativa tranquillità ci accompagna,punteggiata da scontri in singoli quartieri. Bangui è come una città morta. La circolazione delle macchine è rara, quella delle persone un po' più sostenuta, solo in alcune ore, e passando per i quartieri, come trincee, con passi sospettosi e veloci. Non ci sono più feste, né funerali, se non sbrigativi, senza tradizioni e quasi senza dolore. Le notti buie e silenziose, ma col sonno leggerissimo come nell’attesa di nuovi pericoli.
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La paura si è installata nei cuori, ogni sparo un sussulto e o ci si sdraia a terra o si fugge. Le persone abbandonano le case e i quartieri e con poche cose si rifugiano in luoghi più sicuri, diciamo. Sono le parrocchie e gli spazi attorno agli accampamenti militari. Arrivando ti guardano negli occhi e se leggono la loro stessa paura, si sentono schiacciati, se invece ti vedono donare una tranquilla sicurezza, tirano un respiro di sollievo. Almeno qui…
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In città ci sono 56 campi di rifugiati, dicono, una folla immensa. All’aeroporto ci sono 100.000 persone,da noi 20.000, al don Bosco 40.000 e… Del tutto sorpresi e inesperti all’inizio, abbiamo guadagnato in efficienza. Le persone si sentono protette. Vi presento un piccolo schema della giornata:
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alle 4 del mattino una preghiera dolce si diffonde dai microfoni e scende sui giacigli delle persone ancora un po’ addormentate, soffice come un fiocco di neve o rugiada dell’aurora. Ci sono anche altri punti di preghiera, non tutti sono cattolici, ma tutti pregano.
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Alle 6 apriamo i cancelli. Chi vuole esce: per vedere la propria casa, capire cosa capita, procurarsi del cibo.
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Alle 7, possibilità della Messa.
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Alle 18,30 richiudiamo i cancelli. Leggendo microfoni, cancelli non pensate a Guantanamo, vi prego. La cinta è alta 1,50 metri, ma il problema della sicurezza è serio, sono già entrate persone armate, per fortuna eravamo vigilanti. E nelle altre ore la parrocchia è come un villaggio con tutte le sue attività, bimbi che giocano, giovani che ridono, mamme che sfaccendano attorno al fuoco, un buon mercato di quartiere... Stanchezza e tristezza che dominano.
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Nei campi dei rifugiati 2 i problemi maggiori:
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la FAME. Se le organizzazioni umanitarie non provvedono, siamo finiti. Anche se molte mamme con un minuto commercio o con piccoli risparmi riescono a racimolare un pugno di riso per la famiglia o un po’ di polenta.
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L’IGIENE. Abbiamo scavato fosse per WC in vari punti, ma difficilissima una corretta utilizzazione. Le epidemie (colera ) bussano alla porta, non sono ancora entrate perché Dio ci protegge e noi facciamo di tutto, ma non credo si resisterà a lungo. E, cosa grave, qualche giorno manca anche l’acqua.
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I quartieri sono percorsi da bande armate contrapposte e senza scrupoli, milizie cristiane (false) e milizie mussulmane (false), tutti liberatori. Entrano nelle case abbandonate rubano e fanno fuggire anche gli ultimi.
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Gli stranieri sono tutti rientrati, anche i Tchadiani che pur sono di casa qui. Lasciano un vuoto enorme perché sono tutti gente attiva, il commercio è solo nelle loro mani e così i trasporti, ma sono mussulmani come i ribelli venuti dal Tchad o dal Sudan. Allora si mischia la religione ad altre divisioni a cui essa non appartiene. Dietro le violenze si profila la vendetta . Si perdona tanto, ma cancellare dalla memoria del cuore la visione dell’uccisione crudele delle persone della famiglia è difficile. Per molti dire mussulmano o cristiano è dire il nome del nemico.
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Come ne usciremo? Credo che i tempi siano molto lunghi. Il tessuto sociale, economico e politico è distrutto, quello religioso seriamente minacciato. Gli uomini politici sono inesistenti, se c’era qualcuno è fuggito o compromesso, verrà a mostrare i muscoli DOPO. Chi gli crederà?
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E la PACE? Ora facciamo consistere la pace nel disarmo e nel controllo di incroci e strade principali da parte dei francesi e altri. Ma questa non è la pace. L’RCA è uno scatolone vuoto, dove tutto è da reinventare. Ricostruire con chi, come?
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La SCUOLA: altro aspetto tragico del quadro centrafricano, la scuola è la vittima sacrificale di ogni guerra. Un altro anno bianco si presenta. Mentre siamo ancora incapaci di costruire la pace, già mettiamo le basi per nuovi disordini e una nuova guerra. La base è l’ignoranza, la stessa responsabile di questa guerra.
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La comunità salesiana è compatta, partecipe dei sacrifici di tutti. Siamo appoggiati da un gruppo di persone straordinarie con cui formiamo il Comitato della crisi. Si sacrificano giorno e notte per il bene dei loro fratelli. Unicef, Action contre la faim, Medici del mondo, Pam, Croce rossa, pur con tutti i difetti che ogni organizzazione ha, ci sostengono fondamentalmente. Dall’Italia don Natalino ci ha inviato una grande cassa di medicinali: grazie! L’abbiamo già ritirata. La presenza di tanta gente sul terreno parrocchiale, non un metro è libero, ha causato la distruzione di tutto, solo i muri resisteranno, speriamo. Una volta tutto finito, vedremo. Il 25 dicembre è già alle spalle ma non dimentichiamo gli auguri che Dio stesso ci ha fatto: Pace in terra agli uomini che Dio ama.
Un abbraccio e grazie a tutti,
don Fernando
Salesiano di Don Bosco a Bangui
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