Quale politica estera e quale cooperazione internazionale per il futuro dell’UE

Riportiamo una riflessione da parte dell'ex-Presidente del VIS Antonio Raimondi sul rapporto tra cooperazione internazionale allo sviluppo ed Unione Europea ed una breve intervista a conclusione dell'articolo.

"Sono un convinto sostenitore del processo di unificazione ed integrazione dell'Europa. In tale prospettiva va inquadrata l'assoluta necessità di una politica estera comune in maniera tale che gli Stati membri possano trarne beneficio. In particolare, bisognerebbe aumentare la capacità della Ue di gestire le crisi internazionali, interagendo con gli Organismi multilaterali preposti. La vocazione al multilateralismo è una vocazione insita nel dna della UE e unitamente al mio partito, i Liberal Democratici, voglio coglierne tutti gli aspetti positivi per la costruzione di un mondo più giusto, libero e democratico. La Ue deve assumere un ruolo di protagonista sano sulla scena internazionale, portando la propria esperienza storica di integrazione che ha permesso il superamento delle crisi interne. Allo stesso tempo è importante basare la propria azione di politica estera sul rispetto e la promozione dei diritti umani in tutti i Paesi del mondo. Tale impegno porterà effetti pratici sul piano della sicurezza, della lotta al terrorismo internazionale, e quindi al rafforzamento di tutto ciò che concorre alla difesa comune.

L'Europa dovrebbe esprimersi con una sola voce tramite l'Alto rappresentante per la politica estera
e di sicurezza comune. Sarebbe davvero opportuno, e non per sterili opportunismi nazionali, che la
UE fosse rappresentata con un seggio in maniera permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Il nostro Paese farebbe bene a spingere con forza su questo punto della politica estera comune,
cercando di essere fedele al proprio ruolo di fondatore delle prime Comunità europee, evitando
pericolose fughe in avanti che non solo non ci portano da nessuna parte, ma che rischiano di isolarci
in Europa.

Per quanto riguarda la cooperazione internazionale, che dovrebbe esprimere l'alto valore europeo della solidarietà e
della giustizia per il rispetto dei diritti politici, civili, economici, culturali e sociali di tutti gli esseri
umani, essa rappresenta uno strumento importante per costruire pacifiche e fruttuose relazioni internazionali.

La UE dovrà impegnarsi concretamente su diversi punti:
1) gestire in maniera più efficiente ed efficace le risorse a disposizione della Commissione;
2) far in modo che gli Stati membri arrivino entro il 2010 allo 0,33% di APS (Aiuto Pubblico allo Sviluppo), per poi puntare allo 0,7 per il 2015;
3) fare in modo che gli Stati membri possano collaborare maggiormente tra di loro per trovare nuovi
metodi e approcci per un lavoro sinergico, soprattutto nelle aree di crisi umanitarie; 4) promuovere,
in tutte le sedi opportune, la difesa dei diritti umani e della democrazia come punto d'arrivo delle
azioni cooperative.

Mi permetto a tal proposito di fare una piccola provocazione finale, che potrebbe risultare come un macigno in uno stagno, ma che crediamo utile per un dibattito serio e senza veli ideologici per il futuro della Cooperazione allo Sviluppo. Tale "provocazione" parte dalla conoscenza della realtà di fatto in tanti anni di esperienza di impegno diretto nella cooperazione allo sviluppo.
Di fronte ad un bilaterale sempre più forte (molti paesi europei si stanno "attrezzando" in questo senso), serve un multilaterale europeo più "politico" e meno "operativo". Noi crediamo che il ruolo della CE debba essere di "concertazione" politica tra le varie Cooperazioni bilaterali dei Paesi membri, senza inutili doppioni sul terreno. Gli unici ambiti che lasceremmo alla Commissione (e quelle bilaterali dovrebbero fare un passo indietro in questo caso) sarebbero gli aiuti ai paesi dell'allargamento e a quelli di prossimità (pensiamo soprattutto al Medioriente e all'Africa), proprio per ribadire un ruolo, anche in questo caso, preminentemente politico della UE.
Infine, riportando l'attenzione sul nostro Paese, emerge come esso sia fanalino di coda tra i Paesi Ocse-Dac per quantità di risorse messe a disposizione. Non vi è alcuna traccia nell'agenda politica del Governo di un serio rilancio della Cooperazione Internazionale: questa è una evidente e palese miopia politica, essendo anche il nostro un Paese frontaliero della Ue. Come ho rilevato in modo perentorio, anche in altre sedi, sostengo fermamente che il futuro della Cooperazione italiana passa attraverso un radicale ripensamento, che abbia in primo luogo il coraggio di svincolare la Cooperazione allo sviluppo dalla politica estera. Questa scelta non si fonda soltanto sulla speranza di una maggiore efficienza ed efficacia del sistema (che, comunque, ci auguriamo), ma soprattutto sulla consapevolezza che la Cooperazione Internazionale è Solidarietà Internazionale, cioè strumento per la costruzione del Welfare mondiale. Pertanto, bisogna portare fuori la Cooperazione dal Ministero degli Affari Esteri, dove esiste, stabilito dalla legge, la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo. Bisogna creare, come esiste in molti altri Paesi europei, una struttura istituzionale dedicata specificamente alla Cooperazione. In particolare, mi piacerebbe pensare ad un apposito Ministero per la Solidarietà Internazionale, che si occupi di Cooperazione sociale, umanitaria e decentrata. Come tappa intermedia (ma l'obiettivo finale dovrebbe rimanere il Ministero) si potrebbe pensare anche ad una Agenzia indipendente per la Cooperazione. Anche in questo caso ci sono numerosi esempi in altri Paesi membri dell'OCSE-DAC, in particolare quelli della UE.

Pertanto, la nostra battaglia al Parlamento europeo di assegnare "dignità politica" alla Cooperazione vuol dire fare una scelta di civiltà, una scelta di campo, la scelta di costruire un sistema di relazioni internazionali con l'obiettivo (insito già nella stessa genesi della Cooperazione allo Sviluppo) del raggiungimento della Pace.
Credo che il modello di integrazione europea (basato sulla cooperazione tra Stati membri) possa
costituire, anche per altri contesti geografici, un riferimento importante per uscire dalle situazioni di
sottosviluppo, povertà, instabilità regionale, insicurezza e violazione dei diritti umani".

Come porterai le tue idee in tema di cooperazione internazionale a livello Europeo?

Ho deciso di spendere la mia più che ventennale esperienza nel settore della cooperazione internazionale candidandomi con i Liberal Democratici Riformisti alle prossime elezioni del 6 e 7 giugno 2009 al Parlamento europeo. L'LD è un movimento giovane sulla scena politica italiana - per la libertà e la convergenza di idee sul nuovo modo di fare politica. Moderati, progressisti e riformisti della sinistra, i Liberal Democratici Riformisti, proprio come me, guardano con particolare attenzione al coinvolgimento della società civile come alla più grande e moderna sfida politica.

Perché hai scelto proprio questo partito?

Mi identifica con loro questo mettere in pratica un nuovo modo di fare politica. Infatti, anche se rappresentano un movimento nuovo sulla scena politica italiana, nei fatti i "Liberal Democratici Riformisti" sono una grande realtà politica in diversi paesi europei e, nel parlamento europeo costituiscono il terzo gruppo politico più numeroso, vantando come referenti la metà dei commissari dell'Unione.

Cosa possiamo fare per sapere di più sul tuo programma?

Semplice: se desiderate conoscere la mia opinione su argomenti che hanno toccato in questi anni la mia attività socio politica o su fatti importanti nella nostra società (Unione Europea, politica estera, economia, cooperazione internazionale, immigrazione, ecc.), potete visitare il mio sito www.antonioraimondi.it o contattarmi all'indirizzo info@antonioraimondi.it