4 luglio 2012 - A Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, lo scorso 28 giugno scorso, abbiamo organizzato una giornata di riflessione, invitando tutti i principali attori nel campo della Protezione all’Infanzia.
Recentemente la situazione sociale e politica della Repubblica Democratica del Congo ha richiamato l’attenzione delle autorità nazionali e internazionali: stiamo vivendo un nuovo periodo di conflitti e la ripresa delle violenze e dei massacri.
Come sempre, sono le categorie più vulnerabili a farne le spese: donne e bambini indifesi che si trovano a dover far fronte all’emergenza.
In questo quadro, ci è sembrato utile e doveroso, far riflettere la comunità locale e internazionale sulle nuove sfide che la società impone.
Nella legge di protezione all’infanzia del 2009, si sottolinea come ancora molti siano i bambini privati dei loro diritti, bambini in situazione di abbandono che vivono in strada, vittime dell’esclusione sociale, di violenze inaudite e spesso reclutati dai gruppi armati.
L’inasprirsi dei conflitti ha esacerbato una situazione già critica e urgente.
Riflettere sulla legge congolese, il supporto delle organizzazioni governative e non, locali e internazionali è un percorso complicato e difficile che deve portare, nel tempo ad un cambiamento.
Uscire dall’emergenza non significa solamente arrestare la guerra e le violenze, ma soprattutto far fronte alle sue conseguenze: vogliamo e dobbiamo andare incontro allo sviluppo, partendo dalle generazioni di bambini e giovani che ora stanno l’emergenza la stanno vivendo sulla propria pelle, anche l’emergenza quotidiana.
Lavorare per il rispetto dei diritti umani, e dei bambini in particolare è difficile.
Le cause sono molteplici: spesso l’ignoranza della legge, la non applicabilità della stessa e la poca collaborazione fra le differenti organizzazioni di protezione sono emersi come bisogni attuali e acuti.
Stiamo cercando di creare una rete di intervento tra i diversi attori che , speriamo ci porti ad unire le forze nel garantire ai bambini i diritti negati.
I soprusi si compiono in famiglia, nelle scuole, nelle comunità e da parte dello stato stesso che invece di proteggerli li espone al pericolo.
Non possiamo intervenire sulla guerra, ma possiamo agire sulla società.
Il dibattito non è stato privo di polemiche e accuse: il presidente del Tribunale dell’Infanzia ha aperto la discussione con un excursus storico-politico della situazione. A tutt’oggi i bambini restano senza protezione e soprattutto senza possibilità.
L’intervento dell’avvocato dell’Associazione delle Donne Giuriste ha ricordato a tutti che la discriminazione di genere, la debolezza del sesso femminile aggrava e acuisce il quadro.
Hanno risposto la Divisione degli Affari Sociali e la Divisione del Genere-bambini-famiglia, nonché la Polizia Speciale per l’infanzia, ovvero gli organismi statali di competenza: il lavoro è impossibile senza l’adeguato sostegno di uno Stato che è al collasso, non ci sono mezzi per applicare le leggi e per proteggere le categorie più vulnerabili.
La palla è stata però anche rilanciata alle ONG, sia locali che internazionali.
Il Centro Don Bosco Ngangi di Goma, col sostegno del VIS, si vede in prima linea nella provocazione. I nostri partners sono in primis le istituzioni statali, ma anche le ONG e la comunità tutta. Spesso le ONG lavorano “separate” e disconnesse, tralasciando e scavalcando la legge congolese, che potrebbe e dovrebbe dare un supporto fondamentale al lavoro.
Negli ultimi tempi sono state messe in atto campagne di sensibilizzazione e formazione rivolte proprio agli agenti di protezione, Polizia e Affari sociali, da parte di diverse ONG internazionali, tra cui AVSI e War Child, insieme alle agenzie delle Nazioni Unite, Unicef e Monusco, collaboratori stretti del Centro Don Bosco e del VIS.
E’ sorta così l’esigenza di continuare e ampliare il lavoro di rete nell’affrontare i problemi del territorio.
Spesso non si sa come intervenire, a chi rivolgersi e come procedere nella presa in carico di quei casi che vedono i bambini privati di ogni diritto.
Ognuno interviene tamponando l’urgenza, ma manca a tutt’oggi un’azione a più ampio respiro che permetta di prevenire e tutelare la situazione.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha posto sul piatto anche il problema di tutti quei bambini cosiddetti “non accompagnati” che si trovano in situazione di abbandono perché separati dalle famiglie a causa dei conflitti , in campi profughi o addirittura in altri stati confinanti.
Lo Stato congolese non è in grado di far fronte ad un tale bisogno e spesso l’intervento delle organizzazioni internazionali ha difficoltà a reperire i casi e poterli seguire con continuità.
In tal senso si sta procedendo con la costituzione di un gruppo di lavoro che si occupi della Determinazione dell’Interesse Superiore del Bambino, secondo le linee guida dell’UNHCR e a cui il Centro Don Bosco partecipa in quanto principale partner di CICR.
La giornata si è conclusa con una riflessione generale su ciò che si è fatto finora e su ciò che si deve ancora fare.
Le sfide sono tante e molteplici le direzioni in cui agire per affrontarle, ma almeno un passo, il primo, è stato fatto: riunirsi, mettersi in connessione e capire insieme cosa fare e come farlo è un essenziale passaggio di un percorso lungo e faticoso, ma necessario, per cambiare lo status quo e arrivare a poter parlare di sviluppo e futuro, non solo di emergenza, come sempre accade.
Giovanna Bonvini, Giulia Cavalletto (Volontari VIS) e Gabriel Fikiri Muhindo, coordinatore della Maison Gahinja - Casa di Accoglienza per i Bambini di Strada del Centro Don Bosco NGANGI di Goma.