08 luglio 2010 - Sembrerebbe avviato a una soluzione il caso dei 250 eritrei rinchiusi nel carcere libico di Braq. I rifugiati, che avevano lanciato appelli per non essere rimpatriati temendo persecuzioni, verrebbero liberati se accetteranno di svolgere lavori socialmente utili in Libia.
La notizia della possibile svolta arriva da Tripoli. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) il ministro della Pubblica sicurezza libico, generale Younis Al Obeidi, ha annunciato il raggiungimento dell’«accordo di liberazione e residenza in cambio di lavoro socialmente utile in diverse shabie (comuni) della Libia» per i 250 rifugiati rinchiusi nel carcere di Brak nei pressi di Seba, nel Sud del Paese. I rifugiati sono da 8 giorni nel centro di detenzione dove - a quanto denunciano - avrebbero subito maltrattamenti e torture. Secondo la Jana, l’agenzia di stampa libica, sarebbero 140 i detenuti che hanno accettato la proposta. Nel centro per migranti di Misurata, dove erano stati portati inizialmente gli eritrei poi trasferiti a Brak il 30 giugno, sarebbero rimasti 32 uomini, 12 donne e 8 bambini eritrei, assieme a nigeriani e somali.
Il ministro per i Rapporti col parlamento, Elio Vito, spiega che la notizia dell’accordo è stata confermata dal viceministro degli Esteri libico all’ambasciatore italiano a Tripoli. «È bene che quei cittadini non siano rimpatriati in Eritrea», conviene il ministro degli esteri Franco Frattini. «La cosa importante è che le autorità libiche hanno dimostrato grande sensibilità – sostiene – addirittura a reintegrare in Libia» queste persone.
(fonte avvenire.it)