In partenza per il Ghana. La lettera di Don Silvio Roggia. Riflessioni sulle migrazioni, sulla casa, sulla comunità

20 maggio 2015 - Don Silvio Roggia ci scrive dall'aeroporto di Amsterdam. Sta tornando in Ghana, dopo un periodo trascorso in Italia. Don Silvio ci ricorda il senso della casa, dell'accoglienza e ci invita a restare umani davanti ai fratelli migranti. Essere umani come abbiamo imparato dalle nostre mamme, at home, a casa, e che vale la pena di vivere sempre, dovunque vada la storia di adesso e quella dopo di noi. 

Carissimi tutti,

sono a Schiphol, l'areoporto di Amsterdam.

E' una breve pausa tra un volo e l'altro, tra l'Italia e il Ghana. Quanto basta per rivedere con un colpo d'occhio queste settimane 'made in Italy' passate a casa e guardare avanti a quanto ritrovo stasera, 'back home' in Ghana.

HOME in inglese si usa per indicare la casa quando si pensa a chi ci sta dentro, alla famiglia, al 'focolare domestico', per usare una espressione che dà l'idea anche se non è più di moda. "Men build houses, women make homes": gli uomini costruiscono i muri delle case; le donne fan diventare le case 'homes', 'casa mia'. In queste settimane passate ho visto quanto sia vero. Ho incontrato donne splendide nella loro capacità di accogliere.

Solo qualche foto ricordo tra il mazzo, per non uscire dai perimetri di questi messaggi da viaggio, che come il bagaglio a mano han delle misure standard da rispettare.

Chieri domenica 3 maggio: sono arrivato nel pomeriggio in avanscoperta all'oratorio San Luigi che la sera ha dato accoglienza ai 30 pellegrini di Nigeria - Ghana diretti a Torino, dopo i giorni romani del pellegrinaggio organizzato per il bicentenario della nascita di Don Bosco. Secondo i calcoli del navigatore, l'autista del pulman che li accompagnava aveva dato le sette di sera come tempo previsto di arrivo. Le mamme volontarie (ma con qualche papà al seguito che ha reso il clima di famiglia rotondo e completo) hanno passato il pomeriggio in cucina e avevano per le sette le pizze pronte + il tiramisu. Code a Bologna e Parma... atterraggio a Chieri: 23:15!  Non un 'uffa' nè nelle parole nè negli sguardi: la stessa carica di cordialità e accoglienza fin che tutti han cenato e si sono sistemati, quando ormai eravamo già alle prime ore del giorno dopo,  lunedì feriale con tutta la sua lista di impegni da riprendere fin dal mattino presto.

Ieri pomeriggio al nostro piccolo santuario della Madonnina a Novello: mamma Lucia ha preparato per ciascun bimbo della prima comunione che veniva a offrire un fiore a Maria una rosa bianca di raso, da conservare come ricordo di quel giorno così unico nella vita. La domenica prima mamma Lucia aveva composto una poesia in piemontese per concludere in bellezza il mese del rosario, che segue da noi i ritmi dei lavori nelle vigne: inizia a metà aprile e finisce a metà maggio. Le rose e la poesia: due tocchi di grazia, così fragranti di bellezza proprio perchè gratis... non attesi e non dovuti.

Potrei raccontare di tanti altri volti e gesti che hanno ricamato queste settimane con toni di casa, di home, e che hanno lasciato un ricordo prezioso nella memoria di chi era venuto con me da Lagos e Accra per la prima volta in Italia e in Europa.

Non è la ciliegina sulla torta: far diventare HOME le nostre case, città, paesi, comunità piccole o grandi in cui viviamo è quanto di più umano possiamo regalarci a vicenda. Ed è anche ciò di cui la Chiesa ha bisogno secondo papa Francesco, una Chiesa sempe più mariana: madre, come Maria. Pietro deve prendersi cura del timone... ma non si tratta di una nave mercantile o di una portaerei. Nazareth, Cana, il cenacolo sono i quadri/icone di riferimento per chi abita sulla sua barca.

Ieri sera ho incontrato la mia gente di Novello nel salone della proloco per una chiacchierata sulle migrazioni che dall'Africa giungono in Italia con numeri da record, tentando di guardare a questo fenomeno dal punto di partenza: cosa spinge tanti a rischiare la vita attraversando il deserto e il mare in vista di una terra promessa che in realtà per chi sopravvive e sbarca sulle nostre coste ha in serbo  più delusioni che altro. C'è ancora spazio per l'accoglienza o è l'emergenza a dettare le mosse da qui in poi, con soluzioni più o meno drastiche per fermare l'invasione?

Non ho suggerimenti a buon mercato per situazioni così complesse, che più che fatti di cronaca hanno il tono di cambi epocali, scosse di assestamento della storia con cui si ridisegna il futuro: nessuno le ha programmate e nessuno può esimersi dall'esserne parte.

Ma credo che quando si arriva al volto, alla persona reale che di là sta per partire o qui è appena arrivata, essere capaci di farlo sentire a casa e a trattarlo come una madre sa fare, sia sempre la risposta più saggia, più umana.

Chi parte lo fa spesso perchè non ha più nulla da perdere, non è più 'at home', non si sente più a casa là dove è nato perchè ha perso il treno della scuola, non ha un lavoro che gli dia dignità difronte al suo clan. Quando invece trova un ambiente che si prende cura, che aiuta anche chi è povero ad andare a scuola, a imparare un mestiere, ad avere qualcosa su cui costruire il suo domani, non c'è più motivo di abbandonare tutto nella speranza che quel che c'è altrove sia migliore di quanto si lascia alle spalle.

Una conferma viene dal post ebola. Bimbi e ragazzi che sono rimasti soli, privati in pochi giorni di genitori, fratelli, sorelle; tenuti a distanza dallo stigma della paura. Se trovano una casa in cui davvero ci si prende cura di loro, come è stato al Don Bosco di Lungi in Sierra Leone, dove si vive come in una grande famiglia, in cui sei accolto e vali perchè esisti - senza bisogno di altri requisisti -, dove i tuoi talenti vengono valorizzati e sei aiutato a diventare una risposta, non più un problema, per la comunità da cui provieni: quand'è così queste giovani vite rinascono! E' una esperienza di risurrezione che va al di là di ogni aspettativa. 

Non basta la buona volontà per affrontare situazioni così complesse come quelle che succedono sulle coste del Mediterraneo, tra Africa e Europa. Ma cambiare del tutto prospettiva e non riuscire più a vedere come farebbe una madre, a vedere in chiunque è nato da una donna come me e te prima di tutto una persona umana, 'immensamente santa' come dice papa Francesco nella ‘gioia del vangelo’: cambiare prospettiva e usare come unico parametro il fatto che sei un clandestino, aiuta a risolvere o complica ancora di più i problemi?

Non abbiamo i mezzi per pilotare la storia e cambiare la rotta di movimenti migratori che hanno radici lunghe quanto i secoli che hanno segnato le rotte di Africa e Europa molto prima che noi venissimo al mondo. Ma abbiamo la possibilità di decidere quello che ciacuno di noi sceglie di essere verso chi ci sta a fianco.

Se l'ambiente dove viviamo diventa più home, più casa, perchè non ci pensiamo due volte prima di sacrificarci fino a mezzanotte come le mamme di Chieri o siamo capaci di portare un tocco di bellezza quando non è dovuto, come sa fare Lucia, alle fine ci guadagnamo tutti. Vale sempre la pena di essere più umani.

E' il nostro DNA. E' la comunione scritta nella nostra natura, l'essere fatti l'una per l'altro che ci fa Sua immagine. Comunione è la destinazione finale di ogni pellegrinare sulla terra: una festa di nozze senza fine, noi sposa senza ruga e lui lo sposo che 'è Signore e dà la vita'.

Abbiamo iniziato proprio adesso a sorvolare il Mediterraneo, questo mare che per chi legge è 'nostrum' in ogno caso: ha segnato ogni virgola della storia da cui tutti veniamo. Non lo era per chi è cresciuto sotto il Sahara: per i più la costa libica diventa il primo contatto con il mare avuto in vita, così tragico e rischioso. Un battesimo a caro prezzo per avere il visto di sopravvivenza sulle sue sponde.

La mia preghiera e il mio saluto che vi dò prima che finisca la batteria del laptop, nella sepranza di poter spedire stasera dalla sponda del golfo d Guinea, ad Accra, è che NOSTRUM sia soprattutto quell'essere umani che abbiamo imparato dalle nostre mamme, at home, a casa, e che vale la pena di vivere sempre, dovunque vada la storia di adesso e quella dopo di noi. 

Grazie a chi di voi ho avuto la gioia di incontare nelle scorse settimane, per avermi accolto splendidamente. Vi porto con me. Welcome home in West Africa!

Ciao Silvio

PS Josephat dopo aver aiutato le case in quarantena per via dell'ebola a rimanere home anzichè diventare prigioni si sta ora rivolgendo ai più piccoli, rimasti 'homeless', senza quell'affetto e cura che valgono molto più delle mura e del tetto. Allegato versione tea (English) e coffee (Italiano).