Nel Disegno di legge vengono affrontate diverse questioni, tra cui quella del voto amministrativo degli extracomunitari titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo. Come era prevedibile la proposta ha suscitato diverse polemiche.
Un diritto previsto dal capitolo C (capitolo mai ratificato dal nostro Paese) della convenzione di Strasburgo, dedicata alla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale.
Un diritto, quindi, che sarebbe dovuto essere stato già garantito da anni ma che il nostro paese ancora vede come un pericoloso strumento in mano ai tanto temuti immigrati. Già i tentativi posti in essere da alcune regioni avevano fatto nascere proteste da parte di quella parte di potere politico che pensa che gli immigrati costituiscano una fascia di popolazione utile per il mercato del lavoro, per pagare le tasse ma non idonea a prendere parte attiva nella vita del paese in cui vivono e lavorano.
Le proteste relative alla proposta si sono concentrate su una "dubbia costituzionalità" della proposta stessa, perché gli articoli 48 e 51 della Costituzione riservano l'elettorato attivo e passivo ai cittadini italiani. "L'attribuzione di tale diritto ai non cittadini deve passare attraverso la revisione costituzionale e non può certo essere statuita da un decreto legislativo" spiegano i gli oppositori.
Così come per la legge sulla cittadinanza, per cui il Disegno di legge propone modifiche, anche per la questione del voto si tratta di una visione del fenomeno migratorio ancorata a vecchi schemi, secondo cui la presenza straniera nel nostro paese va considerata come temporanea, che può anche rimanere per molto tempo, lavorando e rispettando le leggi, ma non prendendo veramente parte alla vita sociale, vivile, politica del nostro paese. E’ questo che vogliamo quando parliamo di integrazione?
Valeria Rossato