13 maggio 2019 - È delicato e introspettivo il racconto che Riccardo Giannotta, coordinatore dell’Unità programmi del VIS, affida alle pagine del suo libro testimonianza.
In “Quando il mare si ritira” (ed. Il Seme Bianco, disponibile su IBS e Amazon) dà voce a emozioni, impressioni e soprattutto rielaborazioni personali legate alla sua scelta di vita di diventare cooperante.
Contrariamente a quanto il titolo potrebbe fare intuire - e soprattutto il sottotitolo (“Cosa resta dopo lo tsunami”) - il testo non darà al lettore la possibilità di conoscere meglio cosa sia avvenuto sulle coste dell’Oceano Indiano nel 2004, quando l’onda anomala travolse centinaia di migliaia di persone. Piuttosto, tra queste pagine potrà fare un viaggio interiore più che geografico, seguendo l’autore tra Kosovo, Sri Lanka (dove Riccardo lavorò in un poderoso progetto di ricostruzione post-emergenza) e infine Italia. Una tappa, quella negli uffici della sede del VIS di Roma, dove coordina progetti in tutto il mondo, che non è per lui un approdo, bensì una nuova partenza.
Nella diverse esperienze nei Paesi del mondo sono gli incontri veri, quotidiani e personali, a costituire per Riccardo i punti di riferimento per orientarsi, per capire chi è, cosa può o non può fare. Come quello con Kytim, informatico del Kosovo che anche dopo la guerra aveva deciso di non dimenticare la lingua serba, o con Nalin, l’autista cingalese del VIS che sognava di emigrare in Italia.
Sono tappe di un percorso fatto di crescita nella consapevolezza di cosa significhi davvero, per se stessi prima che per gli altri, scegliere di lavorare nella cooperazione allo sviluppo e che Riccardo Giannotta riassume riportando le parole di una persona che ha dedicato tutta la sua vita a questo settore: “Se pensi che io abbia fatto tutto quello che ho fatto per cambiare il mondo ti sbagli, l’ho fatto perché ci credevo”.