17 ottobre 2016 - Oggi, 17 ottobre, ricorre la Giornata Mondiale contro la Povertà. Riconosciuta ufficialmente dalle Nazioni Unite nel dicembre del 1992, la Giornata mondiale contro la Povertà venne celebrata per la prima volta il 17 ottobre 1987 a Parigi, quando centomila difensori dei diritti umani di ogni paese, condizione e origine, si riunirono sul Sagrato dei Diritti dell’Uomo, al Trocadéro su iniziativa di padre Joseph Wresinski.
IIl tema scelto per quest'anno - “Diritti Umani e Dignità dei Popoli che Vivono nella Povertà” – richiama quanto proclama la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata sessant’anni fa, quando dichiara che “ognuno ha il diritto ad un regime di vita adeguato per la salute e il benessere proprio e della propria famiglia”.
Dichiara il Segretario Generale delle Nazioni Unite nel messaggio ufficiale in ricordo di questa giornata: “La povertà non sarà debellata senza la dovuta considerazione per i diritti umani. In occasione di questa Giornata, facciamo in modo che siano garantiti la dignità e gli eguali diritti di tutti i membri della famiglia umana e che prosegua la battaglia in favore di un mondo emancipato da povertà e ingiustizia”.
Si perché la povertà non è solo di tipo materiale, ma è radicata anche nell'esclusione dalla partecipazione alla vita di ogni società. Anche l'emarginazione sociale e la mancanza di relazioni che permettano ad ogni persona di stare bene sono dunque forme di povertà che vanno estirpate, con progetti di sensibilizzazione, educazione ed azioni mirate.
E proprio in questa occasione viene reso disponibile il Rapporto “VaSi ComuNiCaNti” sulla povertà e l'escusione sociale, predisposto dalla Caritas italiana. Interessante il focus su migranti e rifugiati dove si analizzano le rotte ed i percorsi di viaggio dei rifugiati alle porte dell’Unione Europea, il rapporto Global Trens dell'UNHCR ed il traffico di esseri umani in contesti bellici e post-bellici.
Si parla anche di migranti climatici e conflitti: “L’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo7 segnala, a fine 2014, 33 guerre in atto, 13 situazioni di crisi e 16 missioni ONU attive. Alcune di queste crisi durano da anni, mentre altre sono insorte solo recentemente. Due casi emblematici li troviamo rispettivamente in Eritrea e in Siria. Le crisi in atto, dunque, sono tra le principali cause che spingono milioni di persone a lasciare il proprio paese per cercare protezione altrove. L’UNHCR aggiunge anche qualche ulteriore considerazione: i conflitti che causano forti flussi di rifugiati, come quelli in Somalia e Afghanistan, durano di più che nel passato; drammatici conflitti e le situazioni di insicurezza, nuove o riacutizzate, si verificano più frequentemente; il tasso di soluzioni che sono state trovate per i rifugiati e gli sfollati interni è stato progressivamente più basso, dopo la fine della guerra fredda, lasciando nel limbo un numero crescente di persone. Nella stragrande maggioranza si cerca la protezione negli stati confinanti dove, però, le condizioni di accoglienza e di tutela sono molto limitate in quanto si tratta di paesi che non hanno risorse e mezzi necessari per affrontare numeri così elevati di profughi. Per questi ultimi il destino è quello di vivere per anni in campi, spesso sovraffollati, all’interno di tende che si trovano in luoghi non di rado inospitali. Per questo motivo molte persone scelgono di abbandonare questa condizione di grande precarietà esistenziale per tentare l’ingresso in Europa dove le condizioni di vita sono palesemente migliori”.
Si può e si deve fare di più per invertire questa tendenza. Anche in Italia si registra il valore più alto dal 2005: secondo i dati Istat vivono in uno stato di povertà 1 milione 582 mila famiglie, un totale di quasi 4,6 milioni di individui. Si parla di povertà assoluta, ovvero della forma più grave di indigenza, quella di chi non riesce ad accedere a quel paniere di beni e servizi necessari per una vita dignitosa.