6 luglio 2015 – Alla fine di giugno, in Etiopia, VIS ha inaugurato tre nuovi pozzi, nati grazie alla campagna “Un pozzo per Andrea”. Andrea è morto il 29 gennaio 2011, a soli 15 anni, investito mentre attraversava le strisce pedonali fuori dall'oratorio. Il progetto “Un pozzo per Andrea” parte da un sogno di Andrea, ritrovato dalla mamma Elisabetta nelle pagine del suo diario: portare acqua in Africa. Il sogno di Andrea sta diventando realtà.
I tre pozzi sono stati costruiti in Tigray, area duramente colpita dalla siccità, nelle località di Ziban Tafat, Adi-Tsihdi e Egri-E.
I pozzi sono stati rispettivamente dedicati a Linda, giovane ragazza morta in un incidente stradale, i cui genitori hanno finanziato interamente il pozzo e a Dino Contaldo, amatissimo suocero di uno storico benefattore del VIS e della campagna. Il terzo pozzo, finanziato dal brand Niente Paura (che ha abbracciato la campagna Un Pozzo per Andrea) grazie alla vendita dei braccialetti Tatù, porta invece il nome dei braccialetti stessi.
Elisabetta Cipollone, mamma di Andrea, ci ha raccontato le emozioni di questo incredibile viaggio.
“E' stata un'esperienza incredibile, che ci ha lasciato senza parole: mai come questa volta abbiamo potuto capire quanto sia importante per le popolazioni locali avere una fonte di acqua pulita da cui poter attingere.
Abbiamo incontrato gli occhi pieni di lacrime di alcuni anziani e anziane del villaggio e da li' abbiamo compreso quanta sofferenza e quanti patimenti hanno dovuto affrontare: per potersi approvvigionare di una sola tanica d'acqua dovevano chilometri su chilometri a piedi.
Ci siamo sentiti piccoli e impotenti e, devo confessare, anche inadeguati in un contesto così: noi occidentali, con i nostri abiti e i nostri cellulari sempre a portata di mano, che parliamo di clandestini e di immigrati e di accoglienza senza ben sapere di cosa stiamo parlando.
Di fronte a quegli uomini e quelle donne, ho potuto riflettere ed ho compreso che pur di dare ai miei figli una vita dignitosa, in cui almeno i beni primari come acqua e cibo e un minimo di istruzione possano essere garantiti, affronterei tutti i mari e tutti i deserti e tutte le peripezie possibili ed immaginabili e sarei la prima a varcare i confini da clandestina o da rifugiata.
Ho compreso che bisogna smettere veramente con il razzismo e il divisionismo, perché stringendo quelle mani, accarezzando quei volti segnati dalla fatica e dalle difficoltà ho compreso ciò che nel mio cuore già sapevo: apparteniamo tutti ad una stessa razza, quella umana.
E anche quando ci sentiamo stanchi, ripensiamo a quei volti impressi nella nostra mente e non possiamo fare a meno di continuare a sensibilizzare, a raccogliere fondi, a inventarci qualunque cosa pur di realizzare ciò che per me, per tutti noi è ormai una ragione di vita, un impegno costante e preciso. Perché una volta che hai visto non puoi più girarti dall'altra parte e far finta di non sapere.
Io non so se Dio esiste, ma se c'è abita sicuramente lì, tra quella gente, tra quella povertà, tra quei vestiti stracciati. Ma anche e soprattutto fra quei sorrisi, dentro quel calore umano che solo lì riusciamo ogni anno a trovare.”
Insieme ad Elisabetta hanno partecipato al viaggio e all'inaugurazione dei pozzi Fabio del Prete, Antonella Dimino e Dario Albano, amici e sostenitori del del progetto Un pozzo per Andrea, Giovanna Cantù, mamma di Linda, giovane ragazza scomparsa in un incidente stradale e a cui è stato dedicato il pozzo n.13 (interamente finanziato dalla famiglia) e Don Samuele Sportelli, sacerdote che ha perso la nipote Valentina, a cui sarà dedicato il prossimo pozzo.