12 febbraio 2016 - Martedì 2 febbraio è stata firmata, a Parigi, la Carta per l’Abolizione Universale della Maternità Surrogata per proporre agli Stati europei l’abolizione universale della maternità surrogata o “utero in affitto”. L’accordo è stato siglato nella sede dell’Assemblea Nazionale di Parigi da rappresentanti del mondo politico, dell’associazionismo e della comunità scientifica europea, che ritengono questa pratica ingiusta e contraria alle convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino.
La Carta è stata firmata all'esito di un dibattito in cui hanno preso la parola intellettuali, studiose ed economiste, che hanno, tra l'altro, raccontato come l'utero in affitto non sia un gesto di solidarietà, ma una sopraffazione nei confronti delle donne più povere. La geografa indiana Sheela Saravanan ha parlato della dimensione «colonialista» del ricorso alle madri surrogate nei Paesi emergenti: coppie ricche del Nord del mondo sfruttano le sacche di povertà del Sud «per esercitare un inesistente diritto al bambino».
Nepal, India, Russia, Ucraina - oltre al Canada e agli USA – sono solo alcuni dei paesi nei quali è ammessa tale pratica. E’ indubbio che essa si presti allo sfruttamento delle condizioni di povertà e di vulnerabilità nelle quali versano moltissime donne di tali paesi, costrette, per ovvi motivi economici, a vendere il proprio corpo per acconsentire alle richieste di persone provenienti dai paesi ricchi. Questa forma di abuso di una posizione di vantaggio, a scapito degli ultimi, dei più deboli, dei più esposti alle insidie della globalizzazione, è al pari di altri fenomeni (come quello delle adozioni illegali) in conflitto, tra l'altro, con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Internazionale nella quale si delinea come sfruttamento contro la persona “..ogni abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o nell'atto di dare o ricevere qualche forma di pagamento o di altro introito per acquistare il consenso o il controllo di una persona su un'altra persona, allo scopo di sfruttamento, incluse le varie forme di sfruttamento sessuale, di lavoro, di schiavitù o di commercio di organi”.
Sulla scia della Giornata internazionale di preghiera contro la tratta di persone ed linea con la storia e l’impegno del nostro organismo e dei tanti volontari ed operatori che in questi 30 anni hanno lottato e creduto nella dignità di ogni essere umano, non possiamo che ribadire il NO ad ogni forma di sfruttamento: in particolare, vogliamo richiamare l’attenzione sulle Donne, da sempre nelle condizioni di maggiore vulnerabilità nei Paesi in Via di Sviluppo ed in Transizione nei quali operiamo, e, purtroppo, primo obiettivo, assieme ai bambini, del traffico di esseri umani.