14 gennaio 2016 - “Dalla prossima settimana il pomeriggio verranno al Centro anche i bambini della scuola elementare pubblica”. In questo modo ci era stata annunciato, a fine novembre, l’arrivo al Katolički Školski Centar di Žepče, in Bosnia-Erzegovina, di circa 200 bambini tra gli 8 e gli 11 anni che avrebbero usufruito delle aule del centro scolastico salesiano vista l’inagibilità della scuola pubblica della città, sottoposta a improrogabili lavori di ristrutturazione.
Mi aspettavo una torma di bambini urlanti, scalmanati, scatenati. Mi sono dovuto ricredere, almeno all’inizio. Non mi era capitato molto spesso di vedere bambini di quell’età così “inquadrati” e disciplinati: Posso? Per favore; Grazie, erano infatti le espressioni che risuonavano più di frequente. Tanti di quei bambini – appartenenti a tutte le etnie e religioni del paese - non erano infatti mai stati all’interno del centro salesiano (in quanto scuola cattolica), ed era evidente che provassero un misto di imbarazzo e diffidenza nei confronti dei Salesiani e di noi volontari.
In realtà questo timore reverenziale è durato solo pochi giorni: i bambini hanno iniziato presto a sentirsi a casa propria all’interno del centro. Pur mantenendo un atteggiamento educato, prima di entrare a lezione o durante la ricreazione adesso non esitano a “servirsi” autonomamente di giochi da tavola, palloni, scacchiere, o a chiederci di essere coinvolti in giochi e attività varie: insomma usufruiscono di tutto quanto possa essere offerto dal centro giovanile salesiano di Žepče. Ed è questo che tutti volevamo e che ci rende più felici.
Quello che infatti all’inizio era vissuto come un problema, ossia la chiusura temporanea della scuola pubblica di Žepče, alla fine si è rivelato essere una risorsa, una grande possibilità; in primo luogo per i ragazzi, ma anche per noi. I bambini hanno infatti avuto modo di avvicinarsi alla realtà del Centro Salesiano, realizzando che le porte sono aperte a tutti i giovani, a prescindere dalla loro etnia o religione. Hanno a disposizione strutture scolastiche e ricreative che rendono i loro pomeriggi di studio più piacevoli. Come volontari in Servizio Civile, facciamo del nostro meglio per mettere a loro agio i bambini che si trovano in un ambiente nuovo, e sembra che per il momento stia funzionando.
La presenza di tanti bambini che fino a un mese fa non frequentavano il Centro costituisce un’opportunità anche per noi, che abbiamo modo di conoscere meglio la mentalità del posto e di confrontarci con punti di vista diversi. Parlando con i più piccoli ci rendiamo conto di come il loro modo di ragionare e di vedere la realtà sia fortunatamente più lontano dai fantasmi della guerra rispetto a quello dei loro fratelli maggiori; quando Sveti Nikola, “San Nicola”, pochi giorni prima di Natale, è passato per le classi a distribuire dolcetti e piccoli doni in pieno stile cristiano, tutti i bambini sono stati ben contenti di accettarli, a prescindere dalla loro appartenenza etnica o religiosa; quando parlano della propria lingua, tutti dicono bosanski, bosniaco, senza sottolineare la differenza tra croato-cattolici, serbo-ortodossi e bosniaco-musulmani, come invece spesso accade tra i più grandi. Dei piccoli esempi che costituiscono un’ulteriore conferma del fatto che le nuove generazioni sono il punto di partenza su cui immaginare il rilancio della Bosnia-Erzegovina.
La loro gioia, i loro sorrisi, la loro spensieratezza che a tratti appare come genuina incoscienza, sono l’antidoto migliore per bonificare questa terra dal veleno sparso durante gli anni della guerra e per restituire a questo paese la cosa di cui ha maggiormente bisogno: la speranza.
Francesco Gentile – Volontario in Servizio Civile