19 novembre 2015 - Avete mai provato a spiegare la differenza tra articolo determinativo e indeterminativo, o tra verbo transitivo e intransitivo, in una lingua complessa e che ancora non padroneggiate del tutto, come il bosniaco?
Ecco, se ci provate il risultato sarà sicuramente esilarante per il vostro uditorio, e in parte anche per voi. Lo sto sperimentando sulla mia pelle da quando, circa tra settimane fa, è iniziato il nostro corso di italiano qui al Katolički Školski Centar Don Bosco di Žepče, in Bosnia-Erzegovina. Quando al termine della lezioni, pongo alle “mie studenti” la fatidica domanda di rito: “Ci sono domande?”, si guardano tra di loro, parlottano sottovoce, e alla fine scuotono semplicemente il capo limitandosi a sorridere e a replicare all’unisono: Jasno! Jasno! Tutto chiaro! Tutto chiaro!
Dubito fortemente di essere stato in grado di spiegare con così tanta chiarezza la costruzione del participio passato: credo che loro dicano così solo per non farmi dispiacere. Ma in fondo non è questo l’importante. L’obiettivo del corso non è insegnare loro alla perfezione grammatica, sintassi e ortografia, nonostante avere una base sia senza dubbio importante. Quello che vogliamo fare nei prossimi mesi, attraverso queste due lezioni settimanali, è provare a trasmettere il buono che c’è nella storia e nella cultura italiana. Instillare una curiosità positiva nei ragazzi, che magari possa aiutarli, attraverso il confronto con una realtà diversa dalla loro, a guardare con occhi diversi il mondo in cui sono stati abituati a crescere. Mettere in luce le affinità che esistono tra la cultura bosniaca e quella italiana, e presentare allo stesso tempo le differenze che esistono come una risorsa, come uno stimolo e non come un ostacolo al dialogo. Non ci limiteremo a impartire lezioni frontali: abbiamo in programma di organizzare laboratori interattivi, proiezione di film italiani e magari anche una lezione pratica di cucina italiana!
Per ora il pubblico che assiste ai miei tentativi di rendere la lingua di Dante più accessibile a un gruppo di adolescenti bosniaci è piuttosto ristretto: 5/6 ragazze al massimo, che però sembrano apprezzare e divertirsi durante le lezioni. Quando invito a partecipare gli altri ragazzi che frequentano il centro salesiano, la risposta è quasi sempre la stessa: “Ci piacerebbe conoscere meglio l’Italia e studiare l’italiano. L’Italia ci ha aiutato tanto, durante e dopo la guerra. Ma non abbiamo tempo, dobbiamo studiare inglese e tedesco, così finita la scuola possiamo andare a lavorare fuori, all’estero”. E’ difficile biasimarli, viste le scarse opportunità che la Bosnia-Erzegovina offre ai più giovani. Ma questo non ci scoraggia. Al contrario, costituisce uno stimolo in più per lavorare quotidianamente per coinvolgere in maniera più attiva questi ragazzi, affinché inizino a guardare con maggior serenità al futuro: perché no, magari anche con gesti semplici, ad esempio incoraggiandoli ad appassionarsi alla musica, all’arte o alla letteratura italiana, o mostrando loro come preparare una lasagna. Jasno, no?
Francesco Gentile – Volontario in Servizio Civile