18 febbraio 2015 - “È il popolo libico che deve trovare la via per il dialogo, l’unica possibile; gli altri, con l’ausilio delle Nazioni Unite, hanno il compito di aiutare”: così alla MISNA monsignor Aldo Cavalli, nunzio apostolico in Libia, alla vigilia di una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata alla crisi nel paese nordafricano.
“Vedremo se a New York sarà possibile mettere d’accordo tutte le parti ma quel che è certo è che oggi più che mai serve una riflessione profonda” avverte monsignor Cavalli. Deciso nel sottolineare la necessità di dialogo e confronto, per altro cifra essenziale della presenza cristiana in Libia, anche a fronte delle nuove violenze dei militanti dello Stato islamico e degli altri gruppi armati in lotta per l’egemonia.
Da Malta, dove risiede, il nunzio è il riferimento costante per alcune migliaia di cattolici, guidati dai vicari apostolici di Tripoli e di Bengasi, monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli e monsignor Sylvester Magro, da pochi padri e da appena otto suore, della congregazione di Santa Madre Teresa di Calcutta.
“La speranza – sottolinea monsignor Cavalli – è che l’Onu riesca in qualche modo a trovare nuovi equilibri, validi e accettabili”. Un impegno tutt’altro che facile. Perché alle spalle ci sono quattro anni di guerra civile, cominciata il 17 febbraio 2011 con le rivolte che sfociarono poi nell’intervento della Nato e nella caduta del colonnello Muammar Gheddafi. E perché oggi pesano le divisioni tra i fautori di una nuova campagna militare, come l’Egitto del presidente Abdel Fattah Al Sisi, che sta bombardando il “califfato” di Derna, e le fazioni che vi si oppongono: ad esempio il governo islamista di Tripoli, contrapposto all’esecutivo laico di Tobruk, che oggi ha accusato Il Cairo di “atti terroristici” e chiesto al Consiglio di sicurezza di fermare i raid.