L'Italia non è un Paese per bambini. L'analisi nel nuovo rapporto CRC

17 giugno 2014 -  Ancora lontani dagli obiettivi europei nelle politiche per l’infanzia. Solo il 13,5% dei bambini ha accesso ai servizi per l’infanzia e agli asili nido, con opportunità ancor più ridotte nel Sud e nelle Isole. Ancora troppi i minorenni nella fascia di età 0/5 fuori dalla propria famiglia di origine che vengono accolti nelle comunità rispetto all’affido familiare. Diffuso il 7°Rapporto su “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia” a cura del Gruppo CRC, alla presenza del Ministro per il lavoro e le politiche sociali Giuliano Poletti e dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Vincenzo Spadafora. Necessario un impegno immediato del Governo a investire nell’infanzia.

  • Che cosa è il gruppo CRC?

 CRC sta per Convention of the Rights of the Child. Il rapporto monitora annualmente lo stato di attuazione in Italia della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.Il Gruppo CRC, di cui il VIS è parte, è un network ,costituito nel 2000, ed è composto da 87 soggetti del Terzo Settore che da tempo si occupano attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese. Il Gruppo CRC pubblica ogni anno un Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della CRC, in occasione dell’anniversario della ratifica della Convenzione in Italia (27 maggio). Ad oggi, il Network ha realizzato sei Rapporti di aggiornamento annuali e due Rapporti Supplementari inviati al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in occasione dell’esame del nostro Paese nel 2003 e nel 2011.

  • Il settimo rapporto

I problemi dell’adolescenza e dell’infanzia in Italia restano fortemente segnati da un contesto di difficoltà economica e povertà, ma la scarsità di servizi sociali ed educativi che supportino i minorenni, fanno pagare loro un prezzo ancora più alto. Nonostante numerose evidenze scientifiche, dalle neuroscienze all'economia dello sviluppo, sottolineino l’importanza delle primissime epoche della vita per lo sviluppo cognitivo, emotivo, sociale e dell'equità dell'individuo, con effetti che durano per tutto il corso della vita, sembra che l’Italia “non sia un Paese per bambini”.

Al 1° gennaio 2013 i bambini in età compresa tra gli 0 e i 3 anni in Italia erano 2.171.465 e di questi uno su cinque nasce da almeno un genitore straniero. Ma per molti di questi bambini mancano le risorse e di conseguenza mancano i servizi: solo il 13,5% di bambini in questa fascia di età, nel 2012, ha trovato ad accoglierli servizi per l’infanzia e asili nido. Al Sud e nelle Isole la situazione è ancora più difficile: maglia nera per la Calabria con solo il 2,5% di bambini che hanno accesso ai nidi, seguita dalla Campania che raggiunge quota 2,8%.

La Settima edizione del Rapporto CRC 1 su “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”, fa emergere la difficoltà cronica da parte delle istituzioni di “mettere a sistema” le politiche per l’infanzia e l’adolescenza nel nostro Paese, così come continuano a essere tagliati in modo significativo i fondi dedicati, come è accaduto nell’ultima Legge di Stabilità.

“Il 2014 rappresenta il terzo anno consecutivo senza un Piano Nazionale Infanzia”, spiega Arianna Saulini di Save the Children e coordinatrice del Gruppo CRC, il network composto da 87 associazioni italiane impegnate nella tutela e promozione dei diritti dell’infanzia nel nostro paese (vedere nota in calce). “Oggi presentiamo la fotografia dello stato dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia e purtroppo le cose non sono migliorate rispetto agli anni scorsi. Abbiamo voluto porre l’accento in particolare sulla condizione dei bambini nella fascia di età tra gli 0 e i 3 anni, perché più di tutti pagheranno nel loro futuro la mancanza di politiche di sostegno all’infanzia, con il rischio di non poter sviluppare al meglio il proprio potenziale."

“Ci auguriamo che il Governo metta al più presto in atto delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza che consentano un miglioramento sostanziale della condizione delle persone di minore età nel Paese”, conclude Arianna Saulini. “L’Italia deve tornare ad essere un Paese che investe non solo sui giovani ma anche sui bambini, perché una politica davvero lungimirante ed efficace è una politica che investe sulla salute e sullo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale nei primissimi anni di vita di un bambino. Sono questi gli investimenti che garantiscono il più alto ritorno economico per gli individui e per la società”. Investire nell'infanzia significa supportare la società in maniera trasversale, sia sul piano economico, psicosociale e delle buone pratiche, attraverso politiche e servizi rivolti a tutte le famiglie. Occorre dunque potenziare l’offerta e l'accessibilità a servizi socio-educativi di qualità, al supporto precoce alle funzioni e alle competenze genitoriali, agli interventi economici a favore di famiglie povere con bambini e alla formazione e allo sviluppo professionale degli operatori che ruotano attorno al mondo
dell'infanzia e della famiglia sin dal periodo prenatale.

  • Servizi educativi. L’Italia ancora lontana dall’obiettivo europeo

La Commissione europea ravvisa nei servizi di cura ed educazione per la prima infanzia un grande potenziale per combattere l’esclusione sociale e il disagio socio-economico. Stando agli ultimi dati disponibili, in Italia solo il 13,5% dei bambini sotto i tre anni ha avuto accesso a questi servizi (nidi comunali 11,8% e servizi integrativi 1,6%)2. A questa percentuale si stima vada aggiunto un ulteriore 4% di bambini accolti da servizi privati non sovvenzionati da fondi pubblici.

Da un lato si segnala una lieve flessione rispetto all’anno precedente (-0,5%), attribuibile alla diminuzione dei servizi integrativi per l’infanzia (resta invece immutata la percentuale dei bambini accolti negli asili nido) e dall’altra si segnala con preoccupazione che in molti Comuni si assiste a un alto numero di rinunce alla frequenza del nido sia da parte di famiglie che non sono più in grado di pagare le rette, che per il venir meno dell’occupazione della madre. A questo si aggiunge una grave disparità e un forte squilibrio nell’offerta di servizi nelle diverse Regioni, con percentuali bassissime nel Sud e nelle Isole.

È dunque necessario che siano definite nuove procedure di finanziamento dei servizi per la prima infanzia: l’investimento pubblico in tal senso in Italia è drammaticamente basso sia nel confronto con l’Europa che in quello con le altre classi di età.

  • Le comunità di accoglienza per minori. Ancora inserimento in comunità rispetto all’affido.

Secondo i dati più aggiornati a disposizione al momento della redazione del Rapporto, sono stati accolti in comunità 14.991 minorenni a fronte dei 29.388 bambini e ragazzi temporaneamente fuori dalla propria famiglia di origine3. Il numero di minorenni accolti in comunità è stato superiore di 594 unità rispetto a quelli dati in affidamento familiare4. Quasi la metà di questi ultimi (6.986) sono in affido a parenti.

L’incidenza percentuale degli inserimenti in comunità residenziale di bambini in età pre-scolare (0-5 anni), sempre secondo questi dati, è stata del 14% sul totale. Si registra dunque un uso preoccupante e ancora troppo consistente dell’inserimento in comunità di bambini piccolissimi, sin dal loro primo collocamento. È necessario un’inversione di tendenza in questo senso, così come è fondamentale segnalare la mancanza di dati e informazioni utili per restituire unicità e continuità alla storia di ogni minorenne, per accompagnarlo nella crescita.

  • Sistema di raccolta informazioni su infanzia e adolescenza ancora troppo carente in Italia

Sia la BDA (Banca Dati Nazionale dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione) che la Banca dati sull’abuso sessuale di minorenni, già sollecitate dal Gruppo CRC nei precedenti Rapporti CRC, non sono ancora andate a regime.

Sono aumentati dell’11,4% i bambini dichiarati adottabili in Italia: erano 1.251 nel 2011, sono stati 1.410 nel 2012 e sono aumentate del 4,5% le coppie che hanno presentato domanda di adozione nazionale – 10.244 nel 2012 (9.795 nel 2011). Nonostante questo è in pratica rimasto invariato, con un calo solo dell’1%, sia il numero degli affidamenti preadottivi – 957 nel 2012 (965 nel 2011) – sia delle adozioni legittimanti – 1.006 nel 2012 (1.016 nel 2011). In proporzione, quindi, sembrano aumentati i casi di bambini che pur essendo adottabili non vengono adottati.

Da una recente pubblicazione  si evince che i bambini adottabili che si trovano ancora nel sistema di accoglienza temporanea sono stimati in 1.900 di cui il 59% accolti in comunità e il 41% in affidamento familiare. La maggior parte di loro, il 51%, pur essendo adottabile, è collocata in accoglienza fuori famiglia da oltre due anni (di cui il 24% da 48 mesi e oltre). Tutto ciò, nonostante il considerevole numero di coppie disponibili ad adottare, al 31/12/2012 calcolate in 31.3436. Da anni il Gruppo CRC segnala l’urgenza di un monitoraggio di questo fenomeno per capire chi sono questi bambini ed esplorare possibili strategie d’intervento, ma la mancanza di effettiva operatività della BDA non aiuta, soprattutto perché non consente la messa in rete di tutti i Tribunali per i Minorenni e quindi l’ottimizzazione degli abbinamenti per le adozioni, soprattutto per i bambini con bisogni speciali e/o particolari.

 

  • Politiche per l’infanzia e l’adolescenza. Difficoltà cronica nel “mettere a sistema”.

La difficoltà principale che emerge dal Rapporto, è quella di “mettere a sistema” le politiche per l’infanzia e l’adolescenza nel nostro Paese. Si è infatti assistito a un decentramento delle politiche sociali verso le Regioni, senza la definizione dei Livelli Essenziali di Prestazioni concernenti i Diritti Civili e Sociali (LEP) e soprattutto con la progressiva e costante diminuzione delle risorse destinate alle politiche sociali nel corso degli anni.

La mancanza e la discontinuità con cui è stato adottato il Piano nazionale Infanzia (strumento che per legge dovrebbe essere predisposto con cadenza biennale) è solo un esempio di tale “disattenzione”. Un Piano che dovrebbe rappresentare la cornice di riferimento per le politiche per l’infanzia, e che probabilmente necessita anche di un ripensamento prevedendo un raccordo con il livello regionale dal momento in cui le politiche sociali sono divenute di competenza regionale.

Il Terzo Piano Nazionale Infanzia è stato approvato il 21 gennaio 2011, e al momento non sono stati avviati i lavori per la stesura del nuovo.

“A oggi non esiste un monitoraggio compiuto a livello istituzionale delle risorse dedicate all’infanzia e all’adolescenza e proprio dall’analisi realizzata dal Gruppo CRC risulta evidente che manca una strategia complessiva sul piano nazionale e una visione di lungo periodo”, conclude Arianna Saulini. “In occasione del lancio del 6° Rapporto CRC l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza si è assunta l’impegno di predisporre un rapporto articolato sullo stato complessivo delle risorse per
l’infanzia e l’adolescenza nel nostro Paese. Questo impegno si è trasformato in una richiesta al Ministro dell’Economia e delle Finanze per impostare un lavoro congiunto che consenta di monitorare le spese del bilancio dello Stato dedicate ai bambini e agli adolescenti. Ci auguriamo che questo possa aver inizio in tempi brevi”.

È possibile scaricare il 7°Rapporto CRC da questo link.

Visitate il  sito: www.gruppocrc.net