30 maggio 2014 - “Stiamo bene, ma oggi temiamo un’escalation di violenza a Bangui”, spiega don Agustín Cuevas, missionario spagnolo che opera a Bangui, nella Repubblica Centrafricana. Dopo l’attacco compiuto mercoledì scorso nella parrocchia di Nostra Signora di Fatima, che ha causato la morte di quindici persone, la tensione nella capitale è aumentata. “Non sappiamo chi siano. Si crede possano essere stati i membri di Seléka, ma ancora nessuno ne ha rivendicato la responsabilità. Quello che sappiamo è che sono armati pesantemente”, nota il missionario.
“Finora la situazione era più o meno tranquilla. Tenevamo aperte la scuola di Galabadja e il centro professionale di Damala, ma ora le persone hanno più paura, e noi con loro”. Nei due centri salesiani di Damala e Galabadja – quartieri di Bangui – trovano rifugio migliaia di persone costrette a lasciare le loro case, in cerca di un luogo sicuro in cui dormire. I Salesiani, inoltre, stanno anche ospitando centinaia di bambini che sono rimasti orfani o separati dalle loro famiglie.
La Repubblica Centrafricana sta vivendo dei momenti molti delicati. Si contano oltre un milione di sfollati, di cui 500.000 sono bambini. I minori sono le più deboli vittime della guerra e, secondo le organizzazioni internazionali, almeno 6.000 bambini vengono utilizzati dai gruppi armati, e sette bambini su dieci non frequentano la scuola; e d’altronde l’80% delle scuole sono state distrutte.
L’Ospedale Don Bosco, nel quale collabora personale di Medici Senza Frontiere, non si ferma nemmeno per un minuto. Ogni giorno vengono curate centinaia di persone, gente che è stata raggiunta da qualche proiettile o donne che devono partorire.
Davanti a questa realtà ci uniamo all'appello della Procura Missionaria Salesiana di Madrid che chiede alla comunità internazionale un maggiore impegno per fermare la violenza nella Repubblica Centroafricana e una maggiore sicurezza affinché i missionari salesiani possano continuare la loro opera di assistenza alla popolazione.