11 dicembre 2013 – Sono trascorse tra la paura e l’attesa di novità le ultime ore a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. L’esercito francese è impegnato nell’opera di disarmo dei combattenti, mentre nei centri salesiani la popolazione rifugiata continua ad aspettare e sperare, nonostante le difficoltà. I salesiani nella capitale hanno accolto sin da subito migliaia di persone in fuga dalla guerra e in cerca di rifugio. Tutto è iniziato nella notte di giovedì, con i primi spari. Poi alle 7 del mattino, quando i religiosi hanno aperto le porte delle loro opere per vedere cosa stava accadendo, si sono ritrovati invasi da moltissime persone che correvano dappertutto e supplicavano aiuto. Il VIS sta supportanto l'ICC - Comitato Ispettoria Italia Centrale (Liguria, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Umbria, Molise, Sardegna) attraverso la raccolta fondi a favore dei Salesiani del Centro Africa. Vi chiediamo di aiutarci. Per donazioni clicca qui causale: Sostegno Repubblica Centroafricana.
La situazione nella capitale resta tesa, dopo i numerosi scontri delle giornate precedenti: 394 i morti accertati fino a sabato, secondo la Croce Rossa, ma si ritiene che le vittime possano essere ora anche più di 1000. E stando all’Unicef gli sfollati sono attualmente 480.000, su una popolazione di 4,5 milioni di persone.
Il contingente francese, salito a 1600 uomini nelle ultime ore, è ora impegnato nella ricerca e nella sottrazione degli armamenti ai combattenti. Mentre la popolazione civile attende una soluzione definitiva ai problemi d’instabilità che durano ormai da troppo tempo.
“La guerra che stiamo vivendo nella Repubblica Centrafricana secondo me è anarchia perché ci rendiamo conto che il problema non è il potere, ma qualcosa d’altro – racconta una fonte locale – Perché è quasi un anno che Sekela ha preso il potere eppure il paese ancora sta sprofondando”.
Nonostante le difficoltà e il grande lavoro cui devono far fronte attualmente, i salesiani di stanza a Bangui, nelle opere di Damala e Galabadja, continuano ad impegnarsi per la popolazione e per promuovere una cultura di pace, nella convinzione che solo attraverso una pace duratura si potrà provvedere pienamente alla formazione dei giovani e garantire un futuro luminoso al paese.
Dall’opera salesiana di Galabadja, a Bangui, arriva una cronaca dettagliata su attività, problemi e speranze di questi ultimi giorni. Sabato scorso, 7 dicembre, l’opera ha ricevuto la visita di varie agenzie umanitarie. Dopo il confronto tra i responsabili vengono scaricati vari pacchi di aiuti per la popolazione rifugiata – 124 sacchi di mais, 83 di fagioli, 6 di sale, 83 taniche da 15 litri, 300 utensili e una macina – mentre un’ambulanza della Croce Rossa porta via i feriti più gravi.
Nel pomeriggio inizia un censimento dei presenti, che identifica 2.739 nuclei familiari composti da 3 fino a 17 persone, per un totale di circa 8000 individui. Prima di andare a dormire – chi all’aperto, chi nella scuola o nel refettorio – si svolge un momento di preghiera. L’8 dicembre, festa dell’Immacolata, si apre con la messa festiva all’aperto. All’ora di pranzo volontari, scout e membri del consiglio pastorale distribuiscono un po’ del cibo ricevuto da qualche famiglia nei giorni precedenti.
Si diffondono, intanto, i racconti delle violenze e degli abusi che avvengono in città. Un giovane padre racconta di come, prima di scappare con l’ultimo nato, abbia ritrovato uccisi sua moglie, sua cognata e gli altri suoi figli. Ma qualche speranza viene dalla maturità di alcuni giovani: “per rimediare a questa situazione i giovani devono parlare tra loro e pregare tanto per la pace. Per esempio, si possono organizzare dei forum giovanili per la pace”, afferma Bernard, 24enne. “Bisogna scacciare lo spirito di vendetta e di divisione, abbiamo già sofferto troppo; e tornare alla convivenza tra cristiani e mussulmani” aggiunge Odile, di 3 anni più grande.
Nonostante le problematiche igieniche, che attualmente sono la questione più complicata da risolvere, la giornata del 9 dicembre si apre con delle buone notizie. Da un lato tornano presso l’opera gli operatori umanitari, che visitano il campo, ed anche alcuni giornalisti, che intendono testimoniare attraverso i media realtà della situazione; dall’altra, giungono anche altri 3 camion di aiuti alimentari, inviati dal Programma Alimentare Mondiale (PAM).
La giornata prosegue tra la pioggia che costringe la gente a ripararsi in condizioni di fortuna, l’eco dei colpi d’arma da fuoco e le notizie preoccupanti dall’esterno; e in serata alcuni fedeli si ritrovano in chiesa per pregare e poi assistere alla proiezione del film “Gesù di Nazareth”. Su esplicito mandato del Rettor Maggiore, intanto, la Procura Missionaria di New Rochelle e il coordinamento di Don Bosco Mondo stanno per inviare via aereo un ingente quantitativo di medicinali alle opere salesiane, per alleviare la condizione dei feriti e dei malati.