16 marzo 2012 - Un rapporto di Amnesty International denuncia le torture alle vittime degli arresti di massa nel corso della rivolta siriana. L'ampiezza delle torture e dei maltrattamenti ha raggiunto, secondo l'organizzazione per i diritti umani, un livello che non si vedeva da anni e che ricorda il periodo nero degli anni Settanta e Ottanta.
Il rapporto di Amnesty International "Volevo morire: parlano i sopravvissuti alla tortura in Siria", racconta di 31 metodi di tortura e maltrattamenti praticati dalle forze di sicurezza, dai militari e dalle shabiha (le bande armate filo-governative) attraverso le testimonianze delle persone sopravvissute.
Molte vittime hanno dichiarato di essere state picchiate al momento dell'arresto. Il pestaggio è proseguito con l'haflet al-istiqbal ("festa di benvenuto"), all'arrivo nel centro di detenzione, con pugni e percosse con bastoni, calci dei fucili, fruste e cavi di corda intrecciata. I nuovi arrivati vengono solitamente lasciati in mutande e talvolta tenuti all'aperto anche per 24 ore. Il momento di maggior pericolo è quello dell'interrogatorio. Parecchi sopravvissuti alla tortura hanno descritto ad Amnesty International la tecnica del dulab ("pneumatico"): il detenuto è infilato dentro a uno pneumatico da camion, spesso sospeso da terra, e viene picchiato, anche con cavi e bastoni.
Per Amnesty International, le testimonianze dei sopravvissuti alla tortura costituiscono un'ulteriore prova dei crimini contro l'umanità commessi in Siria. L'organizzazione ha ripetutamente chiesto che la situazione della Siria venisse deferita al procuratore della Corte penale internazionale, ma fattori politici hanno finora impedito che ciò accadesse. La Russia e la Cina hanno bloccato due volte deboli proposte di risoluzione del Consiglio di sicurezza che neanche facevano riferimento alla Corte.
Non essendo riuscito il tentativo di coinvolgere la Corte, Amnesty International ha chiesto al Consiglio Onu dei diritti umani di prorogare il mandato della Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria e rafforzare la sua capacità di effettuare monitoraggio, documentare e denunciare in vista della possibile incriminazione dei responsabili di crimini di diritto internazionale e altre gravi violazioni dei diritti umani.