Un passaggio di testimone in Sudan - La voce dei nostri volontari in Sudan

5 gennaio 2011 - Eccomi così sul volo per Khartoum con pensieri contrastanti nell’animo: l’entusiasmo per la nuova avventura che inizia, il desiderio di scoprire una nuova realtà, il timore perché non so cosa mi aspetta. Ma, come sempre, sono fiduciosa e ottimista che il cielo sudanese mi accolga senza nuvole.

Attraverso un viaggio in aereo passato a parlare con una ragazza sudanese che accompagna il padre nel suo ritorno al paese d’origine, arrivo a Khartoum. Scorgo immediatamente, tra la folla, il sorriso di Cristiano, il volontario del VIS che ha trascorso qui in Sudan due anni. La città mi accoglie con una piacevole brezza notturna, che maschera leggermente l’odore della polvere e del selciato incendiato dal sole delle metropoli africane. Khartoum con i suoi edifici colore della sabbia, i minareti illuminati, gli ampi viali mi affascina fin dal primo momento. La nuova avventura ha inizio.

Sveglia di primo mattino. Colazione a base di dolcetti siriani e tè ed eccomi pronta per andare con Padre Ernesto e Joseph della comunità salesiana a Kalakala, quartiere alle porte di Khartoum. È domenica e quindi giornata lavorativa qui in Sudan. Festivo è, infatti, il venerdì, giorno in cui ogni buon musulmano si reca in moschea. Ho chiesto a Padre Ernesto di poterlo accompagnare nel suo giro fuori porta per la celebrazione della messa e lui ha acconsentito. Questo prete, dal nome di un personaggio di Oscar Wilde e che preferisce la lingua inglese a quella italiana, è il Rettore del centro di formazione professionale, gestito da anni dai Salesiani in collaborazione con il VIS, e conosciuto in tutto il Sudan. Pacato, moderato, sobrio sia nelle parole che nel cibo, ha sempre però la battuta pronta e riesce a mettere tutti di buon umore. Nei miei confronti è cordiale, ma circospetto. Sono appena arrivata e non mi conosce ancora. Sento di non aver ancora passato l’esame finale. Joseph, di origine vietnamita, è il più giovane della comunità e ricopre il ruolo di amministratore. Forse per la vicinanza d’età e per la familiarità dei tratti asiatici, mi sento a mio agio in sua compagnia e percepisco curiosità e apertura nei miei confronti.

L’osservazione del paesaggio circostante assorbe i miei pensieri, ma di tanto in tanto partecipo alla conversazione. La città man mano che ci allontaniamo dal suo cuore assume le forme del villaggio: le case si fanno sempre più basse, l’asfalto lascia il posto alla sabbia, i tetti di mattoni alle lamiere, i negozi di dimensioni sempre più piccole, ma numerosi a colorire con le loro fantasiose insegne le strade. Gli uomini, distinti ed eleganti, nelle loro tuniche immacolate e candidi turbanti camminano lungo i lati delle strade. Le vesti variopinte e svolazzanti delle donne ravvivano le lande sabbiose e arse dal sole.

Superiamo furgoncini caricati all’inverosimile e carretti trasportati da asini. Arriviamo alla modesta comunità salesiana di Kalakala in cui una fiorita buganville allieta i visitatori.

Ma come sono arrivata in Sudan? Beh, è una lunga storia. Dopo aver lavorato in Cambogia e in Repubblica Democratica del Congo con altre ong, rientrata in Italia, ho sentito il bisogno di colmare alcune lacune teoriche relative alla progettazione di interventi di sviluppo.

Tra l’ampio numero di proposte formative in Italia, ho seguito il consiglio di un amico e ho scoperto il VIS. Mi sono, così, iscritta al modulo specialistico in “Cooperazione internazionale allo sviluppo” del master in “Educazione alla Pace: Cooperazione Internazionale, Diritti Umani e Politiche dell’Unione Europea” promosso congiuntamente dal VIS e dall’Università degli Studi “Roma Tre”. Il corso prevedeva una parte on-line e quattro laboratori in presenza presso l’università di Roma Tre. Le mie perplessità sullo studio on-line si sono dissolte fin dalle prime lezioni grazie alla semplicità e chiarezza con cui era organizzata la piattaforma on-line, al confronto e supporto reciproco con le altre corsiste e alla disponibilità e prontezza del coordinamento didattico nel rispondere ai nostri quesiti. Dopo la fine del corso sono stata chiamata dal VIS per un colloquio. La posizione libera era in Sudan, un paese conosciuto soprattutto per i sanguinosi e perenni conflitti. Nonostante il mio desiderio di ripartire per una nuova avventura, il timore di ritrovarmi in una situazione simile a quella vissuta in Congo e i racconti che circolavano sul paese del Nilo azzurro e del Nilo bianco frenavano un po’ il mio entusiasmo.

Ma ecco che finalmente arriva l’esito del colloquio e viene fissata la partenza ai primi di dicembre. Decido di fidarmi di Ivanka, desk Sudan, che sarà, da ora in poi, la mia diretta responsabile e dell’organizzazione di cui ho avuto un’ottima impressione durante il corso seguito a Roma e accetto la proposta. Per ora si tratta di una prima missione di meno di un mese per effettuare il passaggio di consegne con Cristiano, il volontario responsabile del VIS nel paese fino ad ora.

Carlotta

Volontaria VIS in Sudan