Rapporto sulla fame nel mondo: i prezzi alimentari restano alti e volatili

12 ottobre 2011 - Il VIS, sin dalla sua nascita impegnato nella lotta alla povertà, guarda con attenzione il rapporto annuale sulla fame nel mondo "The State of Food Insecurity in the World (SOFI 2011)" pubblicato  il 10 ottobre scorso - quest'anno redatto congiuntamente dalle tre agenzie di Roma: la FAO, (l'Organizzazione ONU per l'alimentazione e l'agricoltura), l'IFAD (il Fondo Internazionale per lo sviluppo agricolo) ed il PAM (il Programma alimentare mondiale). Il Rapporto afferma che i prezzi alimentari sono destinati a rimanere sostenuti, forse ad aumentare e saranno caratterizzati da grande volatilità. I più a rischio saranno i piccoli paesi, dipendenti dalle importazioni, specialmente quelli africani. Molti di essi stanno ancora pagando le gravi conseguenze della crisi alimentare e di quella economica del 2006-2008.

Crisi come queste, compresa quella nel Corno d'Africa, "mettono a rischio i nostri sforzi per raggiungere l'obiettivo di Sviluppo del Millennio di dimezzare per il 2015 la proporzione di persone che soffrono la fame", mettono in guardia i responsabili delle tre agenzie: Jacques Diouf della FAO, Kanayo F. Nwanze dell'IFAD e Josette Sheeran del PAM, nell'introduzione al rapporto.

Quest'anno il rapporto s'incentra sulla volatilità dei prezzi alimentari, identificati come uno dei principali fattori dell'insicurezza alimentare a livello globale e fonte di grave preoccupazione per la comunità internazionale. Per di più, la volatilità dei prezzi alimentari potrebbe aumentare nel prossimo decennio per lo stretto rapporto tra mercato agricolo e mercato energetico e per i sempre più frequenti fenomeni climatici estremi.

La volatilità dei prezzi rende i piccoli contadini e i consumatori poveri sempre più vulnerabili ed esposti alla povertà, perchè alterazioni dei prezzi di breve periodo possono avere un impatto di lungo termine sullo sviluppo, fa notare il rapporto. Un calo del reddito dovuto alle fluttuazioni dei prezzi, che causa un minor consumo di alimenti, può far ridurre l'assunzione di elementi nutritivi, chiave per i bambini durante i primi 1000 giorni dal concepimento, portando ad una riduzione permanente della loro futura capacità di guadagnarsi da vivere ed una maggiore probabilità di povertà nel futuro, con effetti negativi sull'intera economia.

 

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