Emergenza Siccità - La voce dei nostri volontari in Etiopia - 8 - Il viaggio di Mattia verso Dolo Ado

Addis Abeba (Etiopia), 26 agosto 2011 - Il racconto del nostro volontario Mattia da due anni in Etiopia con il VIS come esperto in programmazione idrico – Sanitaria. Mattia è partito nei giorni scorsi da Addis Abeba diretto al campo profughi di Dolo Ado e quello che trovate di seguito è il suo taccuino di viaggio. Il VIS è impegnato nel Corno d’Africa in Etiopia e aderisce e sostiene l’appello lanciato da AGIRE per l’Africa Orientale, un appello congiunto di raccolta fondi per garantire i necessari soccorsi e sostenere le attività di emergenza delle nove ONG, tra le quali VIS, già presenti nei paesi colpiti. L’intervento nell’emergenza del VIS insieme ai partner locali mira a contribuire all’immediato miglioramento delle condizioni fisiche, igienico-sanitarie e umane della popolazione della Somaly Region, nella parte orientale dell’Etiopia, lungo il confine con la Somalia, colpita dalla siccità e carestia.

Il testo che segue è la prima parte del racconto della sua missione svolta dal 16 al 22 agosto scorsi.

Prima parte: il viaggio
La strada che ci conduce a Dolo Ado si snoda in direzione sud attraverso 1.000 km di fango e sassi, montagne e pianure, popolazioni, costumi e lingue completamente differenti. Mondi all’apparenza separati ma facenti invece parte di un’unico, vasto e vario Paese africano: l’Etiopia. Dolo Ado, la nostra destinazione, è un piccolo avamposto di frontiera, incastonato tra Somalia, Kenya ed Etiopia, dove si mescolano diverse culture e si intrecciano diversi destini. Qui, come in un gioco di specchi, si trova il contraltare di Dadaab, il piu grande campo profughi del mondo ospitato in Kenya: nelle vicinanze di Dolo Ado si estendono infatti a perdita d’occhio le tende dell’UNHCR che ospitano i profughi somali in fuga da guerra e carestia. Sono 4 i campi attivi e già sovraffollati: si stima che circa 150.000 persone siano assistite all’interno delle strutture allestite (Bokolmayo, Melkadida, Kobe, e il recentissimo Helaweyn), e che molti altri siano costantemente in arrivo.


Raggiungiamo Dolo Ado alle 9 di sera dopo due giorni di viaggio da Addis Abeba, accompagnati dalla polvere, da una curiosità ingenua, da svariate gomme consumate e abbandonate, e dai suoni e sapori della strada. La strada. L’abbiamo percorsa, l’abbiamo vissuta, l’abbiamo temuta, l’abbiamo affrontata, l’abbiamo seguita, e a volte inseguita. Raggiungere Dolo Ado via terra percorrendo la lunga spina dorsale che scende dalla capitale non è certo la stessa cosa che arrivare in aereo coi voli speciali organizzati per gli aiuti umanitari. Attraversare questo pezzo di Etiopia ci permette di assaporare le sue infinite anime e ci regala una visione di insieme che avremmo perso se fossimo stati catapultati qui direttamente dalle comodita’ e dal fermento di Addis Abeba. Raggiungere Dolo Ado via terra è stancante, lungo e faticoso, ma grazie a questo viaggio possiamo concettualmente e fisicamente inserire questa regione in un contesto piu ampio e ricco, possiamo ragionevolmente immaginare quello che ci aspetterà una volta giunti a destinazione, possiamo infine avvertire il senso di marginalita’ e distanza di questa zona remota.

Affronto il viaggio in compagnia del nostro autista, del nostro collaboratore in loco e del direttore di una compagnia di distribuzione alimentare che opera nei campi profughi da tre mesi. Le lunghe giornate passate insieme diventano occasione di confronto, di scambio aperto e di appassionate discussioni sulla attuale situazione di emergenza.

A parte l’autista, guidato dalla sana curiosità di conoscere popolazioni diverse della stessa Nazione a cui appartiene, i miei compagni di viaggio sono Somali: per loro l’intervento del VIS non è solamente un mero lavoro, ma è piuttosto l’occasione per contribuire a salvare il popolo a cui appartengono, per documentare e testimoniare la tragedia che ha colpito famiglie a cui si sentono visceralmente legati, anche se lontane e appartenenti a un altro Stato. La loro è una vera e propria missione: nel loro piccolo, dimostrare a se stessi che possono alleviare le sofferenze di famiglie sradicate e in bilico nella lotta per la sopravvivenza, e donare un po’ di speranza a popolazioni che da più di 20 anni ricercano coraggiosamente un equilibrio che non è mai stato loro concesso. La strada fomenta il loro orgoglio e la loro determinazione, ed è occasione per ampliare i miei orizzonti cognitivi sulla storia passata e presente e sulle condizioni in cui vessano le popolazioni somale.

Il percorso che si snoda verso Dolo Ado attraversa mondi diversi apparentemente non in contatto: dagli uffici e dalle banche di Addis Ababa scendiamo dolcemente lungo la Rift Valley, incrociando con lo sguardo colline verdi e laghi sbiaditi, per poi risalire verso le zone del caffè intorno a Yrga Alem e affrontare le spigolose montagne che aprono la regione del Sidamo. Ci troviamo a oltre 3mila metri, tra boschi di eucalipto e folta vegetazione, nebbia e freddo, coltivazioni lussureggianti e le tipiche abitazioni sidama, create ad arte con fango e paglia.

Da qui la strada scende tortuosa lungo i valichi, e l’ambiente attorno a noi si modifica rapidamente: la fertile terra rossa inizia a riempirsi di pietre e polvere, ai boschi si sostituiscono acacie africane e arbusti della savana, scompaiono cavalli, scimmie e iene, e al posto della nebbia e del freddo ci ritroviamo nell’arsura e nell’afa. Anche il sole sembra diverso qui, molto più vicino, molto più spietato. Non troviamo più vivaci e chiassosi villaggi lungo la strada, e nemmeno mandrie al pascolo guidate da piccoli pastori: al loro posto, la strada. Apparentemente senza fine ed uguale a se stessa, la strada.

Ogni tanto scorgiamo tra le pietre e gli arbusti qualche tenda, segnale che le comunità somale di pastori nomadi stanno cercando di spostarsi sempre più a nord alla ricerca di ambienti meno ostili: ma sono gocce in un mare infinito fatto di sabbia, pietre e vento. Anche il telefono ci rammenta che ci troviamo in uno dei luoghi più remoti e marginali d’Etiopia: non c’è modo di comunicare, siamo soli con noi stessi, lontani dagli agi della capitale ma ancora molto lontani da Dolo Ado. Ci vorranno altre 8 ore di viaggio attraverso questo deserto prima di raggiungere la nostra destinazione.


Mattia Grandi, volontario VIS in Etiopia