Banche armate: UBI Banca al top nell'export di armi italiane

20 maggio 2010 - Dopo la pubblicazione del Rapporto annuale sull'esportazione di armamenti italiani  Rapporto annuale sull'esportazione di armamenti italiani - che ha registrato un incremento del 61% in un anno facendo registrare con 4,9 miliardi di euro il nuovo record ventennale - è stata finalmente resa nota al Parlamento l'intera Relazione (in tre Tomi) che riporta la Tabella generale delle operazioni autorizzate agli istituti di credito (in allegato a fondo pagina).

Tantissime pagine ma manca ancora dalla Relazione al Parlamento, per il terzo anno consecutivo dall'entrata in carica del Governo Berlusconi, l'Elenco di dettaglio delle autorizzazioni alle banche dal quale si poteva capire il Paese destinatario delle singole operazioni. In top position il gruppo UBI Banca con il Banco di Brescia dell'azionista di settore Gussalli-Beretta in prima fila a sostenere questo particolare e sempre più florido commercio.

Riportiamo qui di seguito l'articolo di Luca Kocci per Adista
E' salito al vertice della delle “banche armate” – ovvero gli istituti di credito che forniscono servizi finanziari alle industrie armiere ottenendo notevoli compensi di intermediazione – il gruppo UBI Banca (Unione Banche Italiane), nel cui Consiglio di Sorveglianza siede, non a caso, Pietro Gussalli Beretta, vicepresidente di Beretta Holding Spa, la principale azienda italiana, e una delle prime al mondo, produttrice di armi leggere: con 1 miliardo e 231 milioni di euro UBI Banca è il gruppo che – soprattutto con il Banco di Brescia e per una piccola quota con il Banco di San Giorgio – nel corso dell’anno 2009 ha movimentato più soldi per conto delle industrie italiane che hanno esportato armi all’estero. Nel 2008 l’impegno di Ubi Banca era inferiore ai 250 milioni.

“La nostra policy – spiega ad Adista Damiano Carrara, responsabile Corporate Social Responsibility di UBI Banca – non è volta ad azzerare l’impegno del gruppo nei confronti del settore che anzi consideriamo importante per la difesa dell’ordine pubblico interno e internazionale secondo i principi della Costituzione italiana, ma a regolare gli interventi secondo criteri di valutazione delle singole operazioni oggettivi e trasparenti, condivisi con varie organizzazioni sociali attente a questi temi”. “Tutte le transazioni sono state effettuate nel pieno e rigoroso rispetto di tale codice di comportamento: il 97% degli importi autorizzati riguarda Paesi dell’Unione Europea, come si può leggere anche nel Bilancio sociale consultabile sul sito, e ha come oggetto la fornitura di componenti, ricambi e manutenzioni per aeromobili e di aeromobili non armati. Inoltre sono state declinate operazioni per un importo complessivo di 7,1 milioni di euro, in quanto dirette verso Paesi non ammessi dalla policy”.

Principi e informazioni che tuttavia non possono più essere verificate, come spiega Giorgio Beretta, analista della Rete Italiana Disarmo e per anni animatore della Campagna di pressione alle “banche armate” promossa dalle riviste Missione Oggi, Nigrizia e Mosaico di Pace: “Da quando, tre anni fa, il Governo ha eliminato dalla Relazione sull’import-export di armi il lungo e dettagliato elenco delle singole operazioni effettuate dagli istituti di credito, è impossibile giudicare l’operato delle singole banche. Nessuno mette in dubbio il resoconto delle banche, nel caso di UBI anche abbastanza dettagliato, ma senza quell’elenco le loro affermazioni mancano del riscontro ufficiale che solo la Relazione può fornire”.

La Relazione del Governo – pubblicata circa due mesi dopo la divulgazione di un più sintetico Rapporto che ha evidenziato il grande aumento (+ 61%) delle esportazioni di armi italiane nel mondo soprattutto verso Paesi extra Unione Europea e Nato – segnala che nel 2009 sono state autorizzate 1.628 transazioni bancarie per un totale di oltre 4 miliardi di euro, a cui va aggiunto poco più di 1miliardo e 700 milioni per "programmi intergovernativi" di riarmo (cioè i grandi sistemi d’arma costruiti in collaborazione con altri Paesi, come ad esempio il cacciabombardiere Joint Strike Fighter per cui l’Italia spenderà almeno 13 miliardi nei prossimi anni).
(Fonte Unimondo)