La Conferenza mondiale dei popoli sui cambiamenti climatici e diritti della Madre Terra (Cmpcc) tenutasi dal 20 al 22 aprile 2010 a Cochabamba (Bolivia) a cui hanno partecipato oltre 20mila persone tra delegati di movimenti sociali, scienziati, intellettuali, sindacati, forze politiche e governi (qui una rassegna degli interventi), si è conclusa con una Dichiarazione finale che manda un grido di dolore "Oggi, la nostra Madre Terra è ferita ed il futuro dell'umanità è in pericolo".
La dichiarazione denominata OMI, chiamata "Accordo dei Popoli" contiene le proposte condivise emerse durante i giorni di lavoro del vertice, tra esse la richiesta di riconoscimento del debito climatico e delle responsabilità del modello capitalista nell'attuale crisi ambientale; la presentazione all'Onu della Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra; la creazione di un Tribunale Internazionale per la giustizia climatica ed ambientale come istanza giuridica vincolante e il lancio di un Referendum Mondiale sul cambiamento climatico.
Il presidente della Bolivia, Evo Morales, alla fine della conferenza ha affermato che "Ci troviamo di fronte ad una battaglia campale: dobbiamo persuadere i governi industrializzati a farsi carico della problematica del clima. Oppure, in ultima istanza, se non saremo ascoltati, dovremo organizzarci e rafforzarci socialmente in tutto il mondo per ottenere che le decisioni dei governi e dei popoli del mondo siano ascoltate e rispettate."
La prossima Conferenza sul Cambiamento Climatico che avrà luogo alla fine dell'anno in Messico - affermano i convenuti a Cochabamba - deve provvedere all'approvazione della rettifica del Protocollo di Kyoto per il secondo periodo di impegno dal 2013 al 2017 durante il quale i Paesi sviluppati dovranno conseguire riduzioni domestiche significative di almeno il 50% rispetto all'anno base del 1990, senza fare ricorso ai mercati del carbonio o ad altri sistemi di sviamento che mascherano l'inadempimento delle riduzioni reali di emissioni di gas effetto serra.