NEW DELHI - Entro il 2050 le emissioni inquinanti dovrebbero diminuire del 50% rispetto al livello registrato nel 1990. Sono questi i dati contenuti nella bozza d'accordo messa a punto dal governo danese in vista della conferenza di Copenaghen sul clima al via il 7 dicembre, che dovrebbe essere formalizzata nei prossimi giorni. Il testo suggerisce che l'80% del taglio delle emissioni inquinanti sia a carico dei Paesi più ricchi e che è necessario mantenere l'aumento medio globale di temperatura entro e non oltre i 2 gradi centigradi, anche se non viene fissato alcun obiettivo di medio termine come chiesto dai Paesi in via di sviluppo. Nella bozza viene utilizzato il concetto di «picco delle emissioni entro una data»: in sostanza i danesi indicano in una data da decidere tra il 2020 e il 2025 il termine per raggiungere il massimo delle emissioni. Ciò significa che subito dopo quella data si devono cominciare a ridurre le emissioni, anche se la parola «riduzione» non è mai citata nel documento.
DIVERSE OPZIONI - I giochi però sono tutt'altro che chiusi. Le indiscrezioni sulla bozza danese hanno suscitato le critiche dell'India(alleata con Cina, Brasile e Sudafrica), che ha definito la proposta «una strada senza uscita». La Danimarca sta consultando i governi «a livello bilaterale e multilaterale» su altre proposte di accordo e solo all'inizio della conferenza sarà presentato un testo di base per il negoziato. Lo ha precisato il ministro Connie Hedegaard, che presiederà il vertice e che è appena stata nominata Commissario europeo per il clima: «Le consultazioni in questa fase finale sono quotidiane e sono basate su diverse opzioni, ma il negoziato non inizia fino alla settimana prossima».
«RISCHIO FALLIMENTO» - Il ministro indiano dell'ambiente Jairam Ramesh ha detto che la conferenza di Copenaghen sarà «un fallimento» se la proposta danese sarà approvata: «Se la bozza contiene indicazioni temporali, allora arriviamo a un fallimento. Non si basa su stime realistiche, è totalmente inaccettabile». L'India, insieme a Cina, Sudafrica e Brasile, ha preparato una bozza «molto più vicina alle nostre posizioni», ha spiegato Ramesh, che sarà presentata martedì a Copenaghen e che rappresenta «una posizione non negoziabile». Il governo indiano è contrario a qualsiasi cornice temporale e numerica in fatto di taglio di emissioni, e indica il 2050 come data più realistica del 2020 per la punta massima di emissioni. «Le nostre emissioni pro capite sono molto basse - dice il ministro indiano -. Abbiamo già detto che siamo pronti a discutere sul livello di efficienza energetico. Ma dobbiamo avere un senso di realismo, che paiono non avere i Paesi sviluppati, su quello che i Paesi in via di sviluppo possono o non possono fare».
NO A TAGLI - La contro-proposta di India, Cina, Sudafrica e Brasile si basa su quattro punti: nessun vincolo sulla riduzione delle emissioni, nessun controllo e verifica delle azioni dei Paesi in via di sviluppo che non sono supportati da finanziamenti e tecnologie dai Paesi industrializzati, nessuna data per il raggiungimento massimo di emissioni dei Paesi in via di sviluppo, la dichiarazione politica finale deve richiedere ai Paesi industrializzati di non imporre barriere economiche nel nome dei cambi climatici contro beni esportati dai Paesi in via di sviluppo. La strada è quindi tutta in salita, nonostante la settimana scorsa a Port of Spain un discorso del primo ministro indiano Manmohan Singh (che non ha ancora confermato la propria partecipazione al vertice di Copenaghen) aveva fatto pensare a una possibile apertura. Ma alle parole di Singh, cui erano stati prospettati aiuti e che si era detto disponibile a impegnarsi «su obiettivi ambiziosi» in caso di «un accordo equo», era seguita una brusca frenata del capo negoziatore indiano in Danimarca Shyam Saran, che ha smentito che l'India possa accettare tagli in tempi brevi.
EUROPARLAMENTO - Intanto il Parlamento europeo ha approvato la posizione comunitaria che l'Ue presenterà al vertice di Copenaghen con la richiesta di almeno 30 miliardi di euro all'anno destinati ai Paesi in via di sviluppo fino al 2020. La risoluzione, intitolata «Preparazione del summit di Copenaghen sul cambiamento climatico», è stata adottata da una vasta maggioranza e chiede un serio e quantificabile impegno politico che fissi un contributo collettivo dell'Ue per la riduzione delle emissioni di gas serra e per l'adattamento al cambio climatico. Gli eurodeputati hanno invitato i capi di governo dei Paesi europei a considerare una priorità il conseguimento di un accordo concordato al summit: la proposta di un contributo europeo di 30 miliardi di euro annui sui 100 miliardi complessivi del sostegno pubblico internazionale rappresenta un fondamentale impegno finanziario dei governi occidentali, volto a sostenere i Paesi in via di sviluppo nell'attuazione di strategie ambiziose, sia nel medio-lungo periodo che a breve termine. Si tratta di misure per le quali è stato calcolato un impegno finanziario che ammonterebbe a 10 miliardi l'anno per il periodo 2010-2012.
(Fonte: Corriere on-line, 30 novembre 2009)