"Accordo di Ihussi", dal nome dell'hotel dove è avvenuta la firma. Così è stato denominato l'accordo di pace firmato ieri, 23 marzo, dal governo della Repubblica Democratica del Congo e i ribelli del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), che dall'estate del 2008 fino al dicembre successivo, guidati da Laurent Nkunda, avevano messo a ferro e fuoco la provincia orientale del Nord Kivu.
La situazione si era già sbloccata lo scorso gennaio, a seguito di un accordo tra la Repubblica Democratica del Congo ed il Rwanda, fino ad allora indicato da molti come sponsor del CNDP. L'accordo aveva condotto all'arresto di Nkunda da parte delle autorità rwandesi e all'avvio di un'operazione militare congiunta Congo-Rwanda contro i miliziani hutu che ancora si trovano in territorio congolese. Nel corso dell'offensiva congiunta, il CNDP aveva combattuto al fianco delle forze regolari congolesi.
L'intesa firmata ieri a Goma, capoluogo del Nord Kivu, sancisce la rinuncia del CNDP alla lotta armata e la trasformazione dello stesso in un movimento politico. si prevedono inoltre la liberazione dei ribelli detenuti e la promulgazione, da parte del governo congolese, di una legge di amnistia a favore degli ex combattenti. Desta perplessità, tuttavia, quest'ultimo punto. Gli ex combattenti di cui si parla, infatti, si sono macchiati di crimini quali stupri di massa, il reclutamento di bambini soldato, torture e violenze contro i civili.
A suscitare preoccupazione, inoltre, è l'eventuale riassetto politico-territoriale della provincia. Soluzioni basate sul presupposto errato che le violenze che insanguinano da anni questo territorio abbiano ragioni prevalentemente etniche, potrebbero condurre ad una suddivisione del Nord Kivu in diverse aree etnicamente omogenee.
Una tale riconfigurazione territoriale, tuttavia, alimenterebbe il proseguimento dello sfruttamento illegale delle ricchezze locali, seppure non più attraverso l'utilizzo di mezzi militari. Nello specifico, una eventuale separazione dal resto del Kivu delle aree di Masisi, Rusthuru e Walikale, cioè quelle più ricche di minerali, finirebbe per rafforzare il controllo politico ed economico da parte dei paesi confinanti su questa porzione di territorio.
Fonte: Agenzia Fides