Riportiamo il commento di Antonio Papisca alla Risoluzione 1860 adottata dal Consiglio di Sicurezza nel corso della 6063° sessione, 8 gennaio 2009.
La Comunità Internazionale, attraverso la sua più alta e legittima espressione istituzionale, l'ONU, ha finalmente trovato il modo di far sentire la propria voce sul massacro in atto nella Striscia di Gaza.
La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza, composto di 15 membri di cui 5 con seggio permanente e potere di veto, è stata approvata con 14 voti a favore. Il paventato veto degli Stati Uniti non c'è stato: al suo posto, l'astensione.
Tra le Risoluzioni espressamente richiamate nel preambolo della Risoluzione 1860, c'è la n.242 del 1967, riguardante il ritiro di Israele dai Territori occupati.
Nella Risoluzione 1860 si intima la cessazione delle ostitilità, la messa in atto di una tregua, l'apertura e la garanzia di corridoi umanitari per la somministrazione di aiuti, il ritiro da Gaza di tutte le truppe israeliane.
Segue la ferma condanna di tutte le violenze e ostilità dirette contro i civili, e di tutti gli atti di terrorismo. C'è anche il riconoscimento esplicito degli sforzi intrapresi da stati arabi: si fa dunque implicitamente pressione perché l'Egitto, l'Arabia Saudita e la stessa Lega degli Stati Arabi si riscattino dalle lentezze se non addirittura dalle inerzie del passato anche recente.
Particolare sottolineatura merita il punto 8 della Risoluzione che ribadisce la preconizzazione, già espressa in precedenti Risoluzioni, di una regione in cui due Stati democratici, Istrale e Palestina, "vivano fianco a fianco in pace". C'è infine un cenno al "Quartetto" (Usa, Russia, ONU, UE) nell'auspicata prospettiva di un incontro internazionale da tenere a Mosca già nel corrente anno.
La Risoluzione 1860 costituisce un passo importante, cui devono seguirne altri. L'ONU deve trasferire la sua volontà dal Palazzo di Vetro direttamente sul campo, cioè con una adeguata presenza in risorse umane e materiali nell'area investita dal conflitto israelo-palestinese. La presenza ‘fisica' dovrà essere non soltanto di interposizione tra le parti, ma di attiva collaborazione con esse nella costruzione della "regione della pace" quale esempio per altre martoriate regioni del mondo. E l'Unione Europea, quale "attore civile globale" particolarmente impegnato nella Unione per il Mediterraneo, deve stare e operare, con una "sola voce", a fianco delle Nazioni Unite.
"Il male ha sempre un volto e un nome: il volto e il nome degli uomini e delle donne che lo scelgono": così ammoniva Giovanni Paolo II nel suo Messaggio (l'utimo) per la Giornata mondiale della Pace del 1 gennaio 2005, sottolineando allo stesso tempo che al male deve rispondersi con il bene.
Parafrasando: alla guerra non si risponde con la guerra alla guerra, ma alla legge della forza si risponde con la forza della legge. C'è un ‘nuovo' Diritto internazionale, nel suo insieme buono e giusto, che prende origine dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. E c'è un complesso sistema di istituzioni multilaterali, con al centro l'ONU, deputate a garantire l'attuazione di tale Diritto. Le si faccia funzionare, riformandole ove necessario e democratizzandole.
Anche il bene ha sempre un volto e un nome: il volto e il nome degli uomini e delle donne che lo scelgono. Anche la Risoluzione 1860 sollecita i facitori del bene della pace che vengano allo scoperto, con determinazione, una volta per tutte. C'è urgentissimo bisogno di una classe governante mondiale che abbia nella mente e nel cuore, per tradurli nei fatti, i principi della Carta delle Nazioni Unite e del Diritto internazionale dei diritti umani, comprendente, tra le altre, anche la Convenzione internazionale sui diritti dei bambini di cui ricorre quest'anno il 20° anniversario dell'approvazione ad opera dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Anche i bambini uccisi a Gaza erano titolari di diritti fondamentali internazionalmente riconosciuti, a cominciare dal diritto alla vita.