La notizia dell'ennesimo giornalista iracheno, Husham Majwat Hamdan, trovato ucciso ieri, riaccende la questione sulla libertà di stampa e il rischio a cui è sottoposta soprattutto in alcuni Paesi. La situazione è grave e in via di peggioramento. Il 2007 è stato il peggiore anno, negli ultimi quindici anni, per violenze contro giornalisti e operatori dell'informazione nel mondo e il 2008 non si preannuncia migliore.
Reporters sans Frontières denuncia l'escalation di violenza che vede vittime i giornalisti. Proprio in queste ore, a Washington, si sta presentando il Rapporto 2008. "Tempi pericolosi per essere giornalisti" è il titolo della tavola rotonda nella sede del National Press Club. L'appuntamento era particolarmente atteso perché è incentrato sulla presentazione del rapporto annuale sulla libertà di stampa nel mondo. Il documento, di 171 pagine, si occupa del 2008 e prende in considerazione tutto il mondo, dividendolo per aree geografiche, dedicando a ognuna un capitolo: l'Africa, le Americhe, l'Asia e il Pacifico, l'Europa e il blocco dell'ex Unione Sovietica, il Medio Oriente e il Nord Africa.
La situazione risulta quanto mai grave, in un mondo in cui i Paesi che limitano la libertà di stampa semplicemente non sono disposti ad ascoltare. "I regimi più repressivi - si legge nell'introduzione al rapporto - possono facilmente disporre della libertà di espressione e dei suoi sostenitori. Le organizzazioni non governative sono messe al bando o cacciate fuori proprio da quei Paesi in cui ce ne sarebbe più bisogno. Le principali istituzioni internazionali possono protestare, minacciare sanzioni, denunciare la situazione ai più alti livelli, senza ottenere alcun risultato. I predatori della libertà di stampa non ascoltano. La nostra impotenza è la loro forza".
La colpa, stando al rapporto, è anche e soprattutto degli Stati occidentali, veloci nel condannare la mancanza di libertà in paesi in via di sviluppo, molto più deboli, invece, quando si tratta di opporsi alla Russia di Vladimir Putin o alla Cina del presidente Hu Jintao. In questi casi, con troppa facilità prevalgono gli interessi economici. Le preoccupazioni più rilevanti per l'anno 2008 riguardano la tornata elettorale che coinvolgerà a febbraio il Pakistan e il mese successivo la Russia, l'Iran e lo Zimbawe.
"Tutti gli occhi saranno poi puntati sui giochi olimpici in Cina, - puntualizza Jean-Francois Julliard, a capo della ricerca - che si apriranno l'8 agosto a Pechino, mentre un centinaio tra giornalisti, utilizzatori di Internet e blogger saranno ancora detenuti nelle prigioni dello Stato. Nessuno, fatta eccezione per la Commissione Internazionale Olimpica, sembra ormai credere ancora che il governo cinese possa impegnarsi in significative concessioni in favore dei diritti umani prima dell'inizio dei Giochi".
Per il 2008 ci si aspetta, però, anche qualche notizia positiva, come il rilascio di almeno tre giornalisti in Etiopia e uno in Birmania; la chiusura dell'anno con la celebrazione del 60esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il cui articolo 19 tutela la libertà di opinione e di espressione; infine un probabile buon esito delle trattative per liberare dalla prigione statunitense di Guantanamo il cameraman di Al Jazeera Sami al-Haj.