Dopo circa tredici anni di battaglie sul campo, lo scorso 17 dicembre, l'Italia ha ottenuto la sua personale vittoria: l'Assemblea Generale dell'Onu ha detto sì alla moratoria contro la pena di morte nel mondo. 104 i voti a favore, 54 quelli contrari, 29 le astensioni. Dopo le dichiarazioni di voto contrarie di Antigua e Barbuda, Barbados, Singapore e Nigeria, il si del Messico. Poche ore prima del voto definitivo quattro Paesi - Guinea Bissau, Repubblica Democratica del Congo, Kiribati e Palau - hanno sciolto la riserva decidendo di schierarsi per il sì e consentendo alla moratoria di passare con più di cento voti, attribuendo al provvedimento maggiore forza e consistenza.
L'approvazione della risoluzione per la moratoria contro la pena di morte, rappresenta un invito alla «sospensione» di tutte le esecuzioni già programmate e il divieto di infliggerne di nuove da parte dei tribunali il che dà l'opportunità di aprire un dibattito «anche in vista dell'abolizione».
Grande entusiasmo anche da parte del mondo politico italiano: il Ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, ha parlato anche di «grande soddisfazione» e di «risultato al di là delle aspettative». Anche il premier Romano Prodi ha accolto con grande entusiasmo la notizia del voto favorevole dell'assemblea definendola una decisione storica.
Siamo arrivati all'ultimo match di questo incontro e l'augurio è che venga disputato il prima possibile.
Un momento interessante anche per ricordare alla nostra classe politica e al nostro Paese che l'Italia paladina dei diritti umani nel mondo ha ancora bloccato in Senato il disegno di legge n° 1463 sulla costituzione in Italia di una Istituzione Nazionale Indipendente che monitori il rispetto e la salvaguardia dei diritti umani nel nostro paese così come previsto dalla Risoluzione ONU 48/134 del 1993.
Sarebbe bello guardare al mondo liberi di puntare il dito sui nemici delle libertà fondamentali e dei diritti umani forti di una coscienza politica e civile lontana dalle indifferenze del passato.
Debora Sanguinato