A 10 anni dalla pubblicazione dello studio "L'impatto della guerra sui bambini" di Graça Machel, vedova del primo presidente del Mozambico indipendente e attuale moglie di Nelson Mandela, è stato reso noto un rapporto di aggiornamento "Children and Conflict in a Changing World" curato dall’UNICEF e da Radhika Coomaraswamy, Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell'ONU per i bambini in guerra.
Il rapporto mette in evidenza come, negli ultimi dieci anni, sia diminuito il numero dei principali conflitti armati, e siano invece notevolmente aumentati i conflitti interni a uno stesso Stato (attualmente 56, rispetto ai 30 del Rapporto Machel). Gli studi effettuati dimostrano che è in questo tipo di conflitto che i bambini vengono sfruttati maggiormente, è in tale modalità di scontro infatti che operano spesso gruppi armati piccoli e poco addestrati, che sono facilmente reclutabili, che maneggiano armi leggere.
Tante sono le conseguenze dirette della guerra sulla condizione dell’infanzia: reclutamento illegale, sfruttamento sessuale, uccisioni, separazioni di minori dalle famiglie, traffico di esseri umani. Ma gli effetti indiretti sono ugualmente preoccupanti, soprattutto in una visione a lungo termine di sviluppo umano: interruzione dei servizi di base come acqua, servizi igienici, sanità e istruzione, malnutrizione e malattia.
Sappiamo che le guerre violano ogni diritto.
Pubblicazioni come queste ci ricordano che le guerre violano, in primis, ogni diritto dell'infanzia.
Tutti quegli stati che scelgono la guerra, tutti quegli stati che incoraggiano a scegliere la guerra, tutte le multinazionali che vendono le armi, tutti i governi che utilizzano i fondi destinati agli aiuti umanitari per acquistare quelle armi, tutti dovrebbero pensare che in questo momento, in 56 guerre diverse nel mondo, ci sono bambini con un grembiule blu e due tasche in cui, tra biglie e matite, nascondono proiettili e fucili.
E se ora giocassimo alla Pace?
Anna Masucci