Tia Paula è una signora angolana che vive a Mussende, un piccolo villaggio nella regione di Kuanza Sud, nel cuore dell’Angola. Questa zona, durante la guerra civile, durata dal 1975, data dell’indipendenza dell’Angola, al 2002, era tormentata dagli attacchi di Unita, uno dei due partiti coinvolti nel conflitto.
I soldati dell’Unita, che in generale agivano ferocemente in tutte le zone rurali dell’Angola, saccheggiavano le case, rapivano gli uomini in età militare per arruolarli, uccidevano senza motivo. Sedute su un piccolo sgabello di legno all’interno di una casa tipica della zona, pareti di fango e tetto di paglia, mentre si cucina il funge, una specie di polenta fatta con la farina di manioca, in una padella appoggiata alla brace sistemata per terra, Tia Paula inizia il racconto del periodo della guerra, la voce è decisa, lo sguardo fiero.
Durante la guerra la vita non esisteva, vivere nelle case significava morte sicura, il nemico era ovunque, attaccava, saccheggiava, uccideva con ferocia.
La vita era fuggire, fuggire e fuggire, dormendo in mezzo alla foresta e iniziando a correre quando, anche in lontananza, si sentivano gli spari dei soldati in arrivo. Seduta per terra, la pentola tra i piedi, Tia Paula inizia a battere il funge con un mestolo di legno scuro, poi si interrompe e alzando gli occhi in mia direzione continua: non avevo paura, aspettavo solo che arrivasse il mio momento. Quando scappando evitavo i corpi di chi era stato ammazzato mi dicevo che presto sarebbe arrivato il mio momento.
Tia Paula oggi ha 41 anni, nel 1975, all’inizio della guerra, ne aveva 10; così spiegandomi il corso della sua vita sottolinea tristemente: ho passato la mia infanzia in guerra, ho perso la mia gioventù in guerra, sono diventata madre in guerra, ora ciò che desidero è che i miei figli possano solo vivere e non dover fuggire. I figli -aggiunge- sono spesso stati la salvezza di tanti, perché erano loro che ti davano la motivazione e la forza per continuare a fuggire, per alzarsi e correre, perché per i figli si può tornare ad avere speranza, a credere in ciò che sembra impossibile.
Oggi la vita di Tia Paula insegna la semplicità; nelle case di Mussende non c’è elettricità, ci si alza alle 5 col sorgere del sole, e si va a letto verso le 21.00, quando il buio profondo lascia spazio alla sola luce brillante delle innumerevoli stelle. Non c’è acqua corrente, ci si lava al fiume, si vive dei prodotti della natura, che è abbastanza ricca nella zona. La vita oggi mi sembra un paradiso, mi spiega sorridendo, durante la guerra non potevamo camminare per le strade, dovevamo stare sempre nascosti; praticamente non esistevamo. Più di una volta durante il racconto Tia Paula rivolge gli occhi al cielo e ringrazia Dio, senza di Lui non ce l’avremmo fatta, dice. Il funge è pronto, Tia Paula chiama a raccolta gli 8 figli, la più grande ha 21 anni, il più piccolo 6; ceniamo con una candela che illumina la tavola, poi tutti a letto. Tuapandula, grazie nella lingua locale, Humbundo è l’unica cosa che riesco ad aggiungere; domani sarà una giornata lunga e faticosa per Tia Paula, ma per lo meno sarà una giornata di pace.
Fulvia Boniardi Volontaria Vis in Angola |