Per mostrare quanto c’è da fare, ho visitato come testimone di Trenta Ore per la Vita due luoghi lontani in cui il VIS e i Salesiani sono già attivi da molto tempo. Il viaggio è stato intenso e indimenticabile.
In queste poche righe, troverete, forse un po’ confusi, i miei ricordi e le mie emozioni… La prima tappa del nostro viaggio era lo Sri Lanka. Insieme alla troupe, siamo partiti da Fiumicino per Dubai. La nostra destinazione era Negombo, dove si trova il primo centro Don Bosco nato sull’isola. Il nostro compito era quello di testimoniare come il VIS e i salesiani operano sul campo e di presentare i progetti che Trenta Ore per la Vita spera di realizzare nei vari paesi del mondo.
Il Don Bosco di Negombo è un centro immenso, in cui vengono ospitati numerosi bambini e ragazzi orfani, abbandonati. Lì possono mangiare, dormire, studiare, imparare un lavoro e vivere come in una famiglia allargata.
Entro in una classe d’asilo e trovo un gruppo di bimbi che cantano… Si nota subito la felicità nei loro occhi e mi domando come possano aver superato uno shock devastante come lo tsunami di due anni fa. Il direttore del centro, padre Shiran, mi spiega che il lavoro è stato lento e difficile. Oggi, nei loro occhi, vedi solo gioia di vivere!
Nello Sri Lanka non si può dimenticare una piaga vergognosa di cui il cosiddetto “primo mondo” è totalmente responsabile: l’abuso sessuale dei minori. Poco distante da Negombo è stato costituito, sempre dai salesiani, un centro di riabilitazione: Bosco Sevena. Padre Felix mi confida che il dramma non è affatto superato e che le vittime dello sfruttamento sono bambini sempre più piccoli, per via del contagio dell’Aids. Mi vergogno di essere occidentale. L’opera di recupero che i salesiani e i volontari del VIS fanno su questi ragazzi è straordinaria… Non sono mai stati bambini ma forse riusciranno ad essere dignitosamente adulti.
Dall’Asia ci trasferiamo in Africa, in particolare nel suo cuore più profondo: la Repubblica Democratica del Congo. Arrivati in aereo a Kigali, in Ruanda, corre nella mia mente il pensiero di quello che è successo solo qualche anno fa in questo paese, tra i Tutsi e gli Hutu. Il resto del mondo è stato cieco e sordo di fronte a questa immane tragedia.
Dopo quattro ore di viaggio, dalle colline rigogliose del Ruanda ci avviciniamo al confine e la natura diventa sempre più arida, nera… Arriviamo a Goma. E’ una città di circa 500.000 abitanti, situata ai piedi di una catena di vulcani attivi, il più alto dei quali tocca i tremila metri. Nel gennaio del 2000, nel terreno si è creato improvvisamente uno squarcio e metà paese è stata sommersa dalla lava. Il panorama è quasi apocalittico: distese di terreno vulcanico, baracche, miseria, condizioni di vita subumane. Non capisco ancora se sono nel mondo che pensavo di conoscere o se sto facendo un incubo dei peggiori.
Arrivati al centro del VIS Ngangi, siamo sommersi da un’ondata di vita e di entusiasmo: ci aspettano oltre millecinquecento bambini di tutte le età con canti, sorrisi e frasi di benvenuto. Il nodo alla gola sale… Sono stati tre giorni di emozioni intense. Ad ogni ora del giorno sono circondata da bimbi affamati di affetto… E scopro che per vivere non c’è bisogno quasi di nulla se non di un piatto di polenta e di tanto amore. Non credo di aver mai conosciuto persone più felici di quei bambini. E sono bambini di strada, orfani, abusati, abbandonati, ex soldato, ammalati di AIDS. Qui ricominciano a vivere e possono sperare in un futuro. Il viaggio è stato intenso e indimenticabile.
Ho potuto toccare con mano il lavoro di tanti volontari e operatori che quotidianamente accolgono questi bambini e ragazzi in condizioni davvero drammatiche ed estreme. Certe emozioni mi accompagneranno per il resto della vita… Sono consapevole che tutto quello che ho fatto è servito solo ad aprire la mia mente.
Torno a casa diversa e capisco che insieme potremmo davvero cambiare il mondo se solo cominciassimo col cambiare noi stessi.
Lorella Cuccarini