Oppressione, povertà, esclusione, assimilazione forzata a società a cui non appartengono: sono solo alcune delle discriminazioni che ancora oggi patiscono oltre 370 milioni di nativi di almeno 5.000 diverse etnie in tutto il pianeta – 50 milioni vivono nelle Americhe - come evidenziano gli studi del Fondo permanente per le questioni indigene dell’Onu, riproposti oggi in occasione della ‘Giornata mondiale dei popoli indigeni’.
Nonostante le diverse latitudini, dall’America Latina, all’Africa all’Asia, tutti i popoli autoctoni hanno esigenze e problemi comuni, tutti hanno sofferto nel corso della loro storia violazioni dei loro territori ancestrali, abusi e il mancato rispetto dei loro diritti che li ha resi individui sempre più vulnerabili; sebbene rappresentino insieme appena il 5% della popolazione mondiale, secondo l’Onu, costituiscono il 10% di quella più povera.
Per rafforzare la tutela dei popoli autoctoni, dopo oltre un decennio di dibattuto il nuovo Consiglio dei diritti umani dell’Onu ha approvato nel giugno scorso il ‘Progetto di dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni’ che a settembre sarà sottoposto per la prima volta al voto finale dell’Assemblea generale dell’organizzazione. Il testo riconosce i popoli indigeni titolari, come individui ma - soprattutto - come collettività, di tutti i diritti umani e delle fondamentali libertà riconosciute dall’Onu; riconosce, anche, il diritto dei nativi all'autodeterminazione e a preservare e rafforzare le proprie istituzioni politiche, legali, economiche, sociali e culturali. “Per gli autoctoni la chiave della sopravvivenza è il rispetto dei diritti collettivi; solo così di potrà passare dalla discriminazione alla giustizia” sottolinea ‘Survival International’.