Martedì 1 agosto: Ventunesima giornata di guerra. Con l'aggravarsi della crisi del carburante, una telefonata rassicurante del vice del sig. Ghandour, petroliere e console onorario d'Italia a Tripoli, ci informa che sono a nostra disposizione 200 litri di benzina e 200 di gasolio. Si è invitati a recarsi immediatamente a Chekka, a metà strada del percorso, per ritirarli. Vi si reca don Jarek con un camioncino noleggiato e ritira i due barili.
Alle 11.00 ci si riunisce con il personale della casa, fatto venire appositamente. Il direttore traccia il quadro della situazione alla luce delle informazioni disponibili e presenta una sintesi delle attività assistenziali in corso, definendone le motivazioni, l'estensione, le strategie d'intervento, accennando pure alla rete di collegamenti che ci ha permesso di lanciare quest'azione umanitaria e ci permette di continuarla ed estenderla. Delinea in prospettiva le fasi e le modalità di intervento, secondo l'entità degli aiuti messi a nostra disposizione, e chiede ad ognuno di riprendere il proprio posto, nonostante le difficoltà di trasporto, soprattutto per i più lontani, per collaborare tutti all'impresa.
Non si parla per ora di previsioni per l'inizio del nuovo anno scolastico, in conformità alle dichiarazioni del ministro dell'Educazione, secondo il quale non ci potranno essere privilegi nella riapertura delle scuole. Il paese intero deve rimanere solidale nella prova. Nello scambio che segue, davanti a persone relativamente nuove con i salesiani e a volte sorprese per il nostro darsi da fare, si cerca di far capire la 'politica' salesiana del pronto intervento, del primato dei fatti sulle parole e dell'attenzione particolare data all'infanzia e alla gioventù, invitando non tanto all'ammirazione, quanto al coinvolgimento. Si capisce pure la loro crescente preoccupazione per i problemi vitali cui devono far fronte ogni giorno. Si informa infine che, dopo attenta riflessione e consultazione, si è presa la decisione di riprendere domani l'Estate ragazzi, con attività unicamente interne. Si vedrà quale è la risposta delle famiglie e si è sempre decisi ad interromperla nuovamente qualora le circostanze lo richiedessero. In serata si tiene una riunione previa con gli animatori (16 presenze), con il rosario e la cena insieme.
Mentre al fronte si combatte aspramente e Israele cerca di avanzare su quattro direttrici, proponendosi di smantellare, almeno fino al fiume Litani, l'infrastruttura militare di Hezbollah; a Bkerké, sede del Patriarca maronita, si tiene un vertice spirituale fra tutti i leader religiosi, cristiani e musulmani, del paese, (12 comunità rappresentate), per una presa di posizione comune. Si vede anzitutto in questa guerra un ennesimo tentativo di distruggere l'unità interna della popolazione nelle sue molteplici componenti. Si condanna l'aggressione israeliana, invitando tutti i cittadini alla solidarietà nazionale e a far quadrato intorno al governo per un'estensione dell'autorità dello Stato su tutto il territorio nazionale e l'applicazione integrale degli accordi di Taef.
Si accenna pure a Hezbollah, rendendogli omaggio per la lunga resistenza all'occupazione israeliana e riconoscendolo come componente fondamentale della società libanese, per cui è da ritenersi fallita la scommessa israeliana di coalizzare contro di esso l'opinione pubblica libanese. Le statistiche aggiornate parlano di 828 morti accertati, 3200 feriti e 900mila rifugiati. Israele dice di aver ucciso finora 400 combattenti Hezbollah, mentre riconosce la perdita di altri tre suoi soldati. Nuovo lancio di razzi sul Nord di Israele. Nella notte, allo scadere della tregua di 48 ore, dovrebbero riprendere i bombardamenti aerei su vasta scala, mentre questi ultimi due giorni sono serviti, al dire dell'Unifil stessa, a completare la "pulizia etnica" del Sud, cioè a svuotarlo dei suoi abitanti.
Mercoledi 2 agosto: Ventiduesima giornata di guerra. Intensa attività aerea notturna nella nostra zona, mentre è in corso a Baalbek, nella Beqaa, un'operazione di commando eliportati, preceduta da estesi bombardamenti e che si conclude con morti e prigionieri tra gli Hezbollah, ma anche tra i civili.
Riprende l'Estate ragazzi con un numero di presenze (75) superiore ad ogni aspettativa. Tutti sono venuti con i pulmini, mentre sono assenti quelli accompagnati direttamente dai genitori (per mancanza di benzina) e i più piccoli. L'équipe degli animatori/ici è al completo. Il clima è sereno.
Durante la giornata vengono fatti acquisti vari (materassi, cuscini, coperte; si trovano pure alcune tende) per averli a disposizione immediata. Verso sera, il direttore con un gruppetto di animatori si reca a Ghiné (Ftouh Kessrouan), a una quarantina di km da Fidar, per incontrare la sig.ra Anita Kaikati, coordinatrice degli aiuti ai rifugiati del villaggio cristiano di Ain Ebel, sulla frontiera. Non è niente di meno che la moglie del generale capo della Sicurezza dello Stato (servizi segreti), originaria di quel villaggio, e svela che suo padre è stato allievo dei salesiani a Haifa (cioè prima del 1948, quando la scuola venne chiusa). Consegna le liste dettagliate dei rifugiati, famiglia per famiglia (più di 300, per un totale esatto di 1104 persone) e presenta le sue idee sulle modalità dell'intervento, ma le si fa notare che dovranno essere accettate dagli enti che eventualmente manderanno aiuti. Sembra una donna decisa e affidabile. Tra l'altro, comunica informazioni precise sull'evacuazione degli abitanti di Ain Ebel, dovuta soprattutto alle incursioni di combattenti Hezbollah che introducevano nel villaggio camioncini con i razzi, li innescavano e scappavano in moto, per cui è diventato bersaglio degli israeliani. Intanto la loro richiesta attuale più pressante è di medicinali.
Si moltiplicano le informazioni in internet ed altri media su quanto si sta facendo: l'ANS (Agenzia Internazionale Salesiana di Informazione) pubblica un servizio quasi quotidiano con foto, ripreso in varie lingue e in vari paesi. Ne parla pure il sito polacco www.pah.org.pl della Polska Akctja Humanitarna (Azione Umanitaria Polacca), nell'imminenza del loro intervento con la nostra collaborazione.
Nonostante la pressione costante degli israeliani,(10mila uomini impegnati in operazioni di "pulizia" in 15 villaggi libanesi), Hezbollah batte oggi il record nel lancio dei razzi: più di 200, raggiungendo persino la città di Bet Shean, nella valle del Giordano, a circa 70 km dalla frontiera.
Medici senza frontiere dichiara impraticabile per i combattimenti e i bombardamenti un corridoio umanitario tra i villaggi di frontiera, mentre Israele autorizza l'attracco di una nave della Croce Rossa Internazionale (CRI) a Tiro e l'arrivo di due petroliere con nafta e gasolio per le centrali elettriche. Tuttavia queste ultime non si sa se e quando arriveranno. Le autorità libanesi prendono sul serio le minacce israeliane di bombardare Beirut e chiedono l'intervento di paesi amici. Nel governo, purtroppo, si fanno sentire alcune voci dissonanti sulla forza multinazionale e sull'eventuale mandato ONU sulle fattorie di Chebaa. I vescovi maroniti nella loro riunione mensile ordinaria invitano tutti i libanesi a prendere le parti dello Stato e fare in modo che nessuna componente della popolazione prevalga sull'altra, perché il Libano continui ad essere messaggio e modello.
Giovedì 3 agosto: Ventitreesima giornata di guerra. Dopo una notte relativamente tranquilla nella nostra zona riprende al mattino l'Estate ragazzi con un numero di presenze simile a quello di ieri. In attesa della giornata movimentata di domani, (arrivo dei polacchi dell'Azione Umanitaria e di una giornalista del Tg2), si consegnano solo alcuni materassi e cuscini a una famiglia di Ain Ebel alloggiata presso parenti a Okaibé.
A Beirut si segnalano bombardamenti, ma nei quartieri già colpiti, e non su vasta scala come minacciato ieri, ma volantini che invitano la popolazione ad abbandonare le loro case lasciano prevedere nuovi attacchi. Altrove è un po' la routine, anche per morti, feriti e distruzioni varie. Viene invece ridimensionato e quasi dimezzato (28), da fonti ospedaliere di Tiro, il numero delle vittime del massacro di Cana, pur rimanendo alto il numero dei bambini uccisi e dei dispersi.
Il Primo ministro parla oggi di 900 morti, 3mila feriti, un milione di rifugiati. Al Sud i combattimenti continuano violenti un po' dappertutto e l'esercito israeliano avanza molto lentamente per l'accanita resistenza che trova. Per questo non mostra nessuna fretta per il cessate il fuoco che non è neppure auspicato da Hezbollah, il quale dichiara di non accettare nessuna tregua fino a quando vi sarà un soldato israeliano sul suolo libanese. Ognuno cerca di guadagnare punti sul terreno, mentre la comunità internazionale si muove con calma e tra visioni divergenti. Israele, nuovamente sottoposta a una pioggia di razzi, lamenta oggi 12 morti tra civili e militari.
In serata, in un lungo discorso televisivo, il leader di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, fa il punto della situazione sul terreno, minaccia di colpire Tel Aviv se Israele bombarderà Beirut e sfida apertamente gli USA. Immediata la replica israeliana di ridurre a zero le infrastrutture civili libanesi.