Jean-Léonard Touadi, giornalista Rai, è attualmente docente nelle Università degli Studi di Bologna e Milano.
Il libro, partendo dagli interrogativi sulle motivazioni che hanno portato al mancato decollo economico dell'Africa, è un tentativo reale di superare la sterile contrapposizione tra i determinismi meccanicistici, che tendono a spiegare tutto con il "fardello storico" e la pura negazione del peso della storia stessa, attribuendo il "ritardo" africano all'essenza naturale degli uomini del Continente e della loro weltanschaaung particolarmente refrattarie allo sviluppo.
L’Africa si deve ancora confrontare con i numerosi problemi non risolti al momento delle indipendenze: dal sole dell’indipendenza ha condotto i propri abitanti all’incubo odierno di molte regioni di questo Continente. Nessuno dei modelli abbracciati dagli Stati africani ha ottenuto risultati attesi in termini di sviluppo economico, di modernizzazione dei paesi, di innalzamento delle condizioni di vita delle popolazioni più povere. Laddove occorreva inventare e ripensare lo sviluppo in chiave “afro-centrica” si sono accontentati di accettare passivamente lo sviluppo come un processo univoco dentro il quale le disparità riscontrate sono unicamente il frutto di un ritardo economico e tecnologico.
Sebbene l’Africa soffra per gli enormi problemi economici non è un Continente povero. Bisogna avere la capacità di cercare queste ricchezze che sono state sepolte nel tentativo di vestire per sempre i modelli occidentali, un patrimonio sottratto al decreto di morte pronunciato dalla “Missione civilizzatrice”. La storia dell’Africa è anche la gloriosa epopea di un rifiuto di specchiarsi negli occhi degli altri per affermare una storia, una cultura, un modo di produrre e di riprodurre la ricchezza più aderenti al corso interrotto del fiume storico degli eventi e del genio africani.
Le nuove generazioni, che non hanno conosciuto direttamente il peso alienante della schiavitù e della colonizzazione e che sono fuori dalle logiche di rivendicazioni o dagli sterili sentimentalismi nostalgici di un eden africano mai esistito, hanno il dovere imperativo della memoria. Hanno l'urgenza di riappropriarsi della tradizione, intesa come un patrimonio storico-culturale, una specifica ed insostituibile articolazione dello spazio e del tempo propria di un popolo e di una cultura.
Elaborare, quindi, progetti politici, socio-economici in grado di dare risposte alle sfide dell'oggi per l'Africa significa sapere coniugare le ricchezze variegate dei saperi endogeni con le sollecitazioni di una modernità implacabile portata dagli altri, imposta e malgrado tutto seducente.