21 febbraio 2011 - Da quasi una settimana la Libia sta vivendo una situazione incerta con scontri e manifestazioni ormai sparse ovunque nel Paese. Tutto ciò è iniziativa degli attivisti contrari al regime che hanno proposto di organizzare una rivolta il 17 febbraio 2011, la cosiddetta giornata della collera contro la corruzione e il nepotismo del presidente Muammar Gheddafi, come risposta ai cortei filogovernativi inneggianti alla gloria del colonnello Gheddafi, alla guida del Paese da 40 anni. È appena finito un fine settimana segnato dagli scontri e da una violenta repressione delle manifestazioni da parte dei comitati rivoluzionari nelle città di al Baida, Derna, Tobruk e Masrata. Non circolano bilanci ufficiali sul numero di vittime, ma le organizzazioni internazionali parlano di oltre 200 morti e di quasi un migliaio di feriti. La protesta non è più confinata all’est del Paese, come nei primi giorni, ormai ha raggiunto la capitale, diventando irreversibile. E mentre si rincorrono voci di una possibile fuga del leader libico in Sudamerica o in qualche Paese africano, il figlio Seif al Islam ha paventato lo spettro di una “guerra civile”, parlando di “un complotto straniero per sovvertire l’attuale governo e instaurare una repubblica islamica”, assicurando che il padre è in Libia, che “non è un leader come Ben Ali o Mubarak”, e ammettendo che le forze di sicurezza hanno commesso “errori” nel loro intervento contro la folla di manifestanti, perché, ha detto, non sono state addestrate a questo genere di operazioni.Oggi è arrivato l’appello di 50 studiosi, intellettuali e capi religiosi musulmani di Tripoli, Bani Walid, Zintan, Jadu, Msalata, Misrata, Zawiah, e di altre città e villaggi, rivolto alle forze di sicurezza che hanno pesantemente represso le manifestazioni degli ultimi giorni, chiedendo di fermare il massacro.Le ultime notizie secondo testimonianze riferite dalla stampa internazionale parlano di uffici della televisione di stato e alcune sedi dei Comitati popolari, rappresentanze del potere, saccheggiati e in parte dati alle fiamme dai manifestanti. La cosiddetta “aula del popolo” del parlamento sarebbe stata incendiata.Fonti giornalistiche riportano inoltre di una sessantina di morti nelle ultime ore, a Tripoli. Sono segnalate esplosioni a impianti petroliferi, mentre la nuova crisi libica sta facendo salire i prezzi del greggio nei mercati internazionali. Le linee telefoniche con la Libia risultano da ore inaccessibili. L’Unione europea sta ipotizzando l’evacuazione dei suoi concittadini e invita chiunque a evitare viaggi in Libia.