25 febbraio 2016 - È arrivato il 22 febbraio, in Burundi, il segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon. Quest’ultimo ha avuto un incontro con il presidente Pierre Nkurunziza, che ha promesso un dialogo inclusivo con l’opposizione. Nessuna inchiesta internazionale sulle violazioni dei diritti umani nel Paese è stata aperta. Oggi, 25 febbraio, sarà la volta dell’Unione Africana.
Diverse mediazioni, purtroppo, sono già fallite. La palude in cui si trova il Burundi va avanti dalle elezioni che hanno visto, per la terza volta (in violazione della costituzione del Paese), salire al potere Pierre Nkurunziza.
Da allora, il regime ha eliminato o fatto fuggire buona parte dei suoi oppositori e pressoché tutti i responsabili delle assocazioni in difesa dei diritti dell’uomo. Tra gli altri, la tesoriera della Lega burundese per i diritti dell’uomo Iteka è scomparsa da dicembre 2015 dopo che l’associazione aveva pubblicato un bilancio più grave della repressione poliziesca: nessuno sa dove si trova e molti la danno per morta. Anche dopo l’attacco alle caserme l’11 dicembre, non è stato possibile contare i morti ma molti testimoni parlano di esecuzione sommarie con un colpo in testa a Nyakabiga ed in altri quartieri. Centinaia di morti. Tuttavia il regime ha blindato la situazione. Nessuna inchiesta internazionale autorizzata, nessuna inchiesta locale. La repressione continua e sembra che nessuno abbia gli strumenti per intervenire.
Una situazione difficile, sottolineata anche nel Rapporto 2015-2016 di Amnesty International. Nella sezione dedicata al Burundi si legge come nel Paese ci siano state “sistematiche uccisioni e uso massiccio di altre tattiche violente da parte delle forze di sicurezza”, oltre a un “tentativo di sopprimere la comunità dei diritti umani”.
La comunità internazionale, insomma, è presa nelle sabbie mobili preparate dal regime che gode di appoggi nella regione, nel Consiglio di sicurezza e tra i paesi africani. Bloccata l’UA, bloccato l’ONU. Chi fermerà il clan dei generali che ha radicalizzato il suo potere, creando un sistema interno di prebende e bottini di guerra tra i poliziotti, rendendo impotente il sistema internazionale, l’opposizione, la società civile del suo paese, e i militari che sono sotto il controllo degli imbonerakure e degli FLDR ruandesi?
Intanto la ribellione si organizza. Sono già tre i movimenti che hanno giurato di cacciare Nkurunziza dal potere. Senza nessuna possibile proposta per cambiare la situazione, la situazione sta ormai scivolando verso la guerra civile.
Un'altra guerra dopo 50 anni di dittatura, centinaia di migliaia di civili massacrati nell’impunità, in un paese che è già il più povero del mondo, con il 59% dei bambini in situazione di malnutrizione cronica e il 70% della popolazione sotto la soglia della povertà. Chi perderà questa nuova guerra? I milioni di poveri di questo paese tra cui milioni di giovani senza terra, senza lavoro e senza avvenire.