19 giugno 2015 - «Laudato si’ mi signore per sora nostra madre terra», cantava Francesco. Terra, «casa comune», ricorda papa Bergoglio, che «è anche come una sorella con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia». In tutto 192 pagine, sei capitoli, 246 paragrafi e due preghiere per chiedere, con la sua seconda enciclica, «che tipo di mondo vogliamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo».
Papa Francesco non parte da zero. Riprende le parole dei suoi predecessori e il grido di allarme che da tempo mette in guardia dallo sfruttamento inconsiderato delle risorse, da una politica miope che guarda al successo immediato senza prospettive a lungo termine, dall’egoismo delle società consumistiche che stentano a cambiare i propri stili di vita. Ricorda che la cura del creato è impegno di tutti, credenti e non credenti. E rilancia anche l’impegno ecumenico citando ampiamente, sul tema ambientale, il patriarca Bartolomeo.
Dopo un ampio sguardo d’insieme e l’appello a «rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta», papa Francesco analizza, nel primo capitolo Quello che sta accadendo alla nostra casa. Lo fa servendosi delle più recenti acquisizioni scientifiche in materia ambientale e affrontando temi concreti.
I MUTAMENTI CLIMATICI
«I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità», scrive Jorge Mario Bergoglio al numero 25. Se «il clima è un bene comune, di tutti e per tutti», l’impatto più pesante della sua alterazione ricade sui più poveri, ma molti «che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi». Il Papa denuncia «la mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle» come «segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile».
LA QUESTIONE DELL'ACQUA
«L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani». Privare i poveri dell’accesso all’acqua significa negare «il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità».
LA TUTELA DELLA BIODIVERSITÀ
«Ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre». Non sono solo eventuali “risorse” sfruttabili, ma hanno un valore in sé stesse.
IL DEBITO ECOLOGICO DEL NORD RISPETTO AL SUD
Il Papa denuncia la «debolezza delle reazioni» di fronte ai drammi di tante persone e popolazioni.Nonostante non manchino esempi positivi c’è «un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità». Mancano una cultura adeguata e la disponibilità a cambiare stili di vita, produzione e consumo.
OCCORRE UN'ECOLOGIA INTEGRALE
Nel secondo capitolo Il Vangelo della creazione, il Papa rilegge i racconti biblici e dà una visione complessiva della tradizione ebraico-cristiana spiegando il perché della «tremenda responsabilità» dell’essere umano nei confronti del creato. L’essere umano ha il compito di «“coltivare e custodire” il giardino del mondo (cfr Gen 2,15)», sapendo che «lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio».
Nel terzo capitolo La radice umana della crisi ecologica, il Papa va alle cause profonde del degrado. La denuncia è soprattutto per la logica «usa e getta» che genera la cultura dello scarto. Le competenze tecniche, scrive il Papa danno a «coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero». Sono proprio le logiche di dominio tecnocratico che portano a distruggere la natura e a sfruttare le persone e le popolazioni più deboli. «Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica», impedendo di riconoscere che «il mercato da solo non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale». Ne deriva la logica che «porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il commercio di pelli di animali in via di estinzione e di “diamanti insanguinati”. È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perché non corrispondono ai progetti dei genitori».
Il Papa parla della dignità del lavoro e della centralità della persona spiegando che «rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società». E poi riprende il dibattito sugli ogm che sono «una questione di carattere complesso». Bergoglio scrive che, sebbene «in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, si riscontrano significative difficoltà che non devono essere minimizzate», a partire dalla «concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi».
Papa Francesco pensa in particolare ai piccoli produttori e ai lavoratori rurali, alla biodiversità, alla rete di ecosistemi. È quindi necessario «un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome» a partire da «linee di ricerca autonoma e interdisciplinare».
E ancora, nel quarto capitolo, Un’ecologia integrale, si affronta il tema della giustizia e della politica. Il Papap parla di ecologia delle istituzioni: «Se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali”». Il Papa ribadisce che «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa».
CHE FARE? ALCUNE LINEE D'AZIONE
«Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale». Questa ecologia integrale «è inseparabile dalla nozione di bene comune». Nel contesto di oggi, in cui «si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali», impegnarsi per il bene comune significa fare scelte solidali sulla base di «una opzione preferenziale per i più poveri».Nel capitolo quinto, Bergoglio offre Alcune linee di orientamento e di azione. Non solo denuncia, ma la domanda su cosa è possibile fare per «uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando». La Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma il Papa invito «ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune». Il giudizio è severo: «I Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci». Il Papa si chiede «perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?». Serve una governante mondiale: «abbiamo bisogno di un accordo sui regimi di governance per tutta la gamma dei cosiddetti beni comuni globali», visto che «“la protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente”», scrive riprendendo le parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa).
Sempre in questo capitolo, Papa Francesco insiste sullo sviluppo di processi decisionali onesti e trasparenti, per poter «discernere» quali politiche e iniziative imprenditoriali potranno portare «ad un vero sviluppo integrale». In particolare, lo studio dell’impatto ambientale di un nuovo progetto «richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare ed a un dibattito approfondito». Particolarmente incisivo è l’appello rivolto a chi ricopre incarichi politici, affinché si sottragga «alla logica efficientista e “immediatista”» oggi dominante: «se avrà il coraggio di farlo, potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e lascerà, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa responsabilità».
Infine, il sesto capitolo, Educazione e spiritualità ecologica, perché «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo». Sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis «la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi». La partenza è «puntare su un altro stile di vita», che apre anche la possibilità di «esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale». È ciò che accade quando le scelte dei consumatori riescono a «modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione». Non si può sottovalutare l’importanza di percorsi di educazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, dalla riduzione del consumo di acqua, alla raccolta differenziata dei rifiuti fino a «spegnere le luci inutili».
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fonte: FAMIGLIA CRISTIANA