DIRITI UMANI (9 gennaio) L’impoverimento dei bacini idrici naturali e la ricorrente siccità, che non colpisce più solo il Sud del mondo ma che è entrata con prepotenza nella realtà di molti dei paesi così detti “occidentalzzati”, sta portando ancora una volta il tema acqua al centro di forti pressioni di carattere politico e sociale.
La notizia boom arriva dal Nord industrializzato: il sindaco di Milano, Letizia Moratti, vorrebbe vendere il pacchetto azionario pubblico della MM, che gestisce attualmente il servizio idrico, alla AEM, una Spa in gran parte già privatizzata.
La domanda sorge spontanea: ma non si parlava forse di accesso all’acqua come "diritto umano imprescrittibile" o meglio come bene comune insostituibile?
Il principio base è inconfondibile: l’acqua pubblica non è di destra o di sinistra, è cultura politica di tutto l’occidente. E’ questo il principio che va più che mai diffuso e condiviso soprattutto di fronte a provvedimenti che potrebbero mettere a repentaglio la democraticità dell’accesso alle risorse idriche.
Delegare ai privati ed ai mercati finanziari la gestione di tali risorse significa espropriare dalla gestione e dal controllo la politica espressa dai sindaci e dai cittadini. Significa accettare i rischio che “pochi grandi” siano in grado di assegnare e gestire valore di scambio e di mercato a quello che già oggi è definito come "l’oro del nuovo millennio". Il Comitato Italiano per il contratto mondiale sull’acqua è insorto.
Accettare la privatizzazione dell’acqua vorrebbe dire scatenare nuovi conflitti per l’assegnazione dei bacini idrici: è inammissibile poter accettare che l’accesso all’acqua possa essere messo a rischio nel tentativo di favorire sterili dinamiche economiche quando ancora oggi due miliardi e ottocentomila persone vivono con meno di due dollari al giorno.
Forse è giunto il momento di fermarci un istante e di comprendere in quale direzione stiamo andando: è ancora una priorità tutelate la vita umana?