23 febbraio 2016 - Lunedì 15 febbraio la Bosnia-Erzegovina ha compiuto un passo fondamentale lungo il tortuoso cammino che la sta portando verso l’ingresso nell’Unione Europea. A Bruxelles, il presidente del paese balcanico Dragan Čović ha infatti consegnato a Bert Koenders, Ministro degli Esteri dell’Olanda, Presidente di turno dell’Unione Europea, la richiesta ufficiale di adesione all’Unione Europea, alla presenza dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE Federica Mogherini e del Commissario UE per l’Allargamento, Johannes Hahn.
“Questa è una giornata importante per tutti noi. La Bosnia-Erzegovina vuole seguire il cammino intrapreso dai suoi vicini. A partire da quest’anno avvieremo una serie di riforme per migliorare le condizioni economiche e sociali dei nostri cittadini in modo da renderci un partner credibile agli occhi dell’Unione Europea”, ha affermato il presidente Čović. “Anche la Bosnia-Erzegovina” ha poi sottolineato “fa parte di questo continente“.
Un percorso, quello di integrazione nell’UE, avviato nel 2007 con la firma dell’Accordo di Stabilizzazione ed Associazione, che mira ad affiancare la Bosnia-Erzegovina a Slovenia e Croazia, i primi paesi dell’ex-Jugoslavia ad entrare nell’Unione, rispettivamente nel 2004 e nel 2013. Anche Serbia e Montenegro, entrambi paesi confinanti con la Bosnia-Erzegovina, hanno da tempo intrapreso il percorso di integrazione europea. Chiedo un’opinione proprio ad un cittadino di un paese confinante, Paulo, croato e seminarista salesiano di 26 anni che lavora qui al Katolički Školski Centar Don Bosco di Žepče. “Alcune persone nel mio, come in altri paesi, credono che l’UE sia un peso, un organismo morente” afferma scuotendo la testa “Ma io non sono d’accordo: al contrario ritengo che sia un processo che dà ai miei concittadini, in particolare ai giovani, delle opportunità che prima non esistevano. Spero che anche la Bosnia-Erzegovina possa entrare presto a far parte dell’Unione, per il bene dei ragazzi con cui lavoriamo quotidianamente”.
Ovviamente è un percorso che presenterà una serie di ostacoli che tutte le forze politiche e sociali del paese devono impegnarsi a superare. Le autorità europee hanno lasciato intendere che dovranno trascorrere diversi anni prima che la Bosnia-Erzegovina diventi a tutti gli effetti un paese membro. Da tempo viene richiesta una profonda riforma del sistema costituzionale, ancora fondato sugli accordi di pace del 1995: riforma che non è mai stata approvata a causa delle profonde divisioni che ancora lacerano ampi strati della società bosniaco-erzegovese.
L’ingresso nell’Unione Europea è una senza dubbio una sfida difficile da vincere per questo paese. C’è il timore che le parole pronunciate davanti a fotografi e giornalisti dai politici, pochi giorni fa a Bruxelles, rimangano confinato nell’universo della sterile retorica fine a sé stessa. Ne parlo con Josipa, studentessa diciassettenne che frequenta il Centro Salesiano di Žepče: “Se non cambia per prima cosa la mentalità dei politici e della gente che vive in Bosnia-Erzegovina, difficilmente le cose miglioreranno, anche con l’ingresso nell’UE”, mi dice con un pragmatismo sorprendente per la sua giovane età. Ma la maggioranza dei giovani bosniaco-erzegovesi in realtà sembra riporre una grande fiducia in questo processo appena avviato. “Credo che l’Unione Europea sia una grande opportunità per il mio paese” mi dice sorridendo Dragana, 17 anni “Spero che quando diventeremo cittadini europei avremo più possibilità di trovare lavoro nel nostro paese. Non è bello essere costretti ad emigrare per aiutare le proprie famiglie”. La pensa così anche Kristina, una ragazza che frequenta il corso di italiano promosso da noi volontari del VIS “.. se dovessimo entrare nell’Unione Europea, penso che il nostro paese avrebbe la possibilità di aprirsi maggiormente verso l’esterno. Il confronto con altre realtà sarebbe senza dubbio positivo, soprattutto per noi ragazzi”. Ma come credono che il resto d’Europa guardi alla Bosnia-Erzegovina? “Purtroppo in molti paesi quando si pensa alla Bosnia-Erzegovina, vengono in mentre solamente le immagini della guerra”, mi spiega Jelena, 18 anni, “se riuscissimo a entrare nell’Unione Europea, avremmo modo di far conoscere di più la nostra terra. Vogliamo far capire agli altri cittadini europei che il nostro paese non è solo guerra. È molto di più”. Quando chiedo loro se si sentono europei, i ragazzi si guardano tra di loro per qualche momento, poi scoppiano a ridere “Scusaci Francesco, ma questa è una domanda glupa (stupida)! Certo che ci sentiamo europei. Siamo fieri delle nostre tradizioni e delle differenze che esistono con altri paesi, ma il nostro posto è in Europa”.
Su questo sembrano essere tutti d’accordo. Il loro posto è in Europa. La Bosnia-Erzegovina fa parte di questo continente. E sarebbe bello se anche tutti quanti noi, dall’altra parte dell’Adriatico, ce ne ricordassimo. Più spesso. Sempre.
Francesco Gentile,
Volontario in Servizio Civile in Bosnia-Erzegovina