Istituzioni finanziarie e armi all’uranio impoverito

E' stato pubblicato uno studio intitolato "Too risky for business - Financial Institutions and Uranium weapons (Troppo rischioso per il business - Istituzioni finanziarie e armi all'uranio impoverito)" della ONG belga Netwerk Vlandereen. Nel rapporto compaiono 50 banche che hanno rapporti con tre imprese statunitensi produttrici di armi all'uranio impoverito: la Allianz Techsystems (ATK), la General Dynamics Ordnance and Tactical Systems e la GenCorp. La maggior parte degli istituti di credito sono statunitensi, ma figurano anche banche giapponesi, tedesche, francesi, canadesi, di Singapore, di Taiwan e una sola italiana: Intesa Sanpaolo, la quale avrebbe partecipato con decina di migliaia di dollari a operazioni legati alle Armi.

Dal sito della Borsa Italiana, viene confermato che il gruppo Intesa Sanpaolo ha fornito sostanziali finanziamenti alla Finmeccanica S..p.A. e al gruppo a cui appartiene ed è uno dei suoi principali finanziatori (analisi del titolo di Finmeccanica svolta all'inizio di luglio del 2007 dalla Caboto, una società finanziaria del gruppo Intesa Sanpaolo)

Sempre nel luglio 2007 il gruppo Intesa Sanpaolo ha emanato una policy che "nell'ambito dell'operatività dell'intero Gruppo nel settore degli armamenti, prevede la sospensione della partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d'arma, pur consentite dalla legge 185/90". Secondo la stessa policy: "Eventuali operazioni giudicate coerenti con lo spirito di "banca non armata" potranno essere autorizzate in via straordinaria dal Consigliere Delegato e CEO e saranno oggetto di informazione - per opportuna trasparenza nei confronti della comunità esterna - anche sul sito Internet della Banca".

A proposito di questo ci domandiamo: cosa è avvenuto per le operazioni citate, e di eventuali altre in essere alla data di entrata in vigore della policy? E' stata applicata la "sospensione della partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d'arma"? Se il gruppo ha ancora in essere alcune di queste operazioni, ne è stata data comunicazione tramite il sito internet o in altra maniera? Come è possibile verificare l'implementazione della policy in ogni operazione della banca e assicurare al pubblico che operazioni con imprese decisamente controverse non avvengano più in futuro? Quali ulteriori passi per la trasparenza intende mettere a punto il gruppo Intesa Sanpaolo per dare seguito alla propria policy? Non sarebbe ad esempio opportuno, seguendo l'esempio della banca belga KBC, pubblicare sul proprio sito un elenco di imprese categoricamente escluse da qualsiasi operazione finanziaria?

Con la pubblicazione della propria policy a luglio del 2007, il gruppo Intesa Sanpaolo, uno dei due più grandi in Italia, ha preso un impegno notevole e fatto un importante passo in avanti sulla strada della responsabilità. Nello stesso tempo, le migliori policy e dichiarazioni al mondo non hanno valore se non vengono implementate concretamente in tutte le operazioni. Gli esempi riportati mostrano come, ancora negli ultimi anni, e potenzialmente ancora oggi, il gruppo Intesa Sanpaolo o alcune sue banche erano o sono direttamente coinvolte nel finanziamento di alcuni dei maggiori produttori di armi del pianeta.

E' ora necessario, in nome della trasparenza richiamata nella stessa policy del gruppo, proseguire il percorso, rendendo noto lo stato delle operazioni finanziarie citate in precedenza, e più in generale eventuali rapporti con aziende attive nel campo della difesa e degli armamenti.Un passo necessario, oltre che per coerenza interna, per evitare che i soldi dei risparmiatori e dei correntisti italiani possano essere utilizzati, anche se in maniera indiretta, per finanziare alcuni dei più controversi produttori di armi del pianeta, e addirittura chi produce munizioni cluster o armi all'uranio impoverito.